Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Via Garibaldi lancia l'sos

Fonte: L'Unione Sarda
1 luglio 2013

La lunga agonia della storica via dello shopping: 11 negozi chiusi

 

«Si lavora senza guadagnare», via Manno resiste




Due dita di polvere coprono le vetrine al civico 9, di Passinpiù outlet resiste solo l'insegna rossa e blu. Qualche metro più avanti c'era una pelletteria, ora oltre la serranda di ferro ci sono un mucchio di scatoloni vuoti. Il grande spazio commerciale che un tempo ospitava Loft design è in cerca d'acquirente, dall'altro lato della strada un foglio attaccato con lo scotch informa della chiusura. “Trasferiti per ristrutturazione”, avvisa il cartello dove sino a poco tempo fa le scarpe di Simonetti facevano bella mostra tra i ripiani ordinati.
I vecchi fogli di giornale non bastano a nascondere l'interno vuoto di Sdf abbigliamento uomo donna. C'era una volta via Garibaldi, il cuore pulsante dello shopping cittadino, con tantissimi negozi tirati a lucido e la folla per strada. Poi è arrivata la crisi, lenta ma inesorabile. E il cuore si è fermato.
GUADAGNO ZERO «Prima avevo tre commesse, ora mezza, da dividere con l'altro punto vendita di via Dante», racconta Veronica Sanna, titolare di Varese valigeria. «Da due anni stiamo soffrendo tantissimo. Ogni giorno è un enigma, ci sono mesi in cui tolte le spese non rimane nulla». Appartiene alla terza generazione, è stato il nonno Giovanni Baioni ad aprire l'attività, 58 anni fa. «Spero di arrivare almeno ai sessanta, non mollo per lui. Stringo i denti, cerco di sopravvivere». Entrano due turiste, guardano velocemente, poi escono senza salutare e senza aver comprato nulla. «Capita spesso, andiamo avanti coi clienti di una vita, ma la spesa è diminuita». Sorride a denti stretti. «La notte dormo poco, le preoccupazioni sono tante. Alla fine anche il carattere cambia».
RISCHIO CHIUSURA Al civico 214/a c'è Succo di Mela, abbigliamento donna. Bruno Simbula, il titolare, sta all'ingresso, il negozio è vuoto. «Gli affari vanno male». Era il 1980 quando aprì la sua attività, «a ottobre saranno trentatré anni, ma non so se ci arriverò». Lo sguardo si rabbuia. «Sto cercando di resistere, non so per quanto riuscirò a rimandare la chiusura». Un tempo aveva tre dipendenti, «erano gli anni Novanta, gli ultimi tempi d'oro del commercio. La via era trafficata, venivano anche dai paesi a comprare nel mio negozio».
DUEMILA EURO PER 35 METRI Fabio Cottura, torinese, da due anni è il titolare di Class action, abbigliamento uomo. «Avere un dipendente è un lusso che non posso permettermi, faccio tutto io, pulizie, vendite, allestimento e fornitura». Non basta. «Stare appresso agli affitti non è semplice, sono altissimi, pago 2 mila euro per 35 metri quadri», racconta rassegnato. Abbozza un sorriso: «Non chiudo perché la mia attività mi permette di sopravvivere, riesco a mangiare ogni giorno, a pagare le tasse e i debiti. Di questi tempi mi sento fortunato».
UNDICI NEGOZI CHIUSI Centoventun negozi, undici sono chiusi. Lo scenario è desolante. Di commercianti storici ne son rimasti pochissimi, tirano la cinghia, le new entry resistono poco. Da qualche settimana all'inizio di via Garibaldi un outlet di scarpe ha preso il posto di una rivendita sportiva. I cartelloni colorati sono allettanti, i prezzi pure: si parte dai 5 euro sino a un massimo di 39. Ciononostante la proprietaria, dietro il bancone, non prevede un futuro positivo. «Se continua così chiuderò». Paolo Tuveri punta sulla bigiotteria. «Ho aperto a febbraio, spero che la crisi passi in fretta». Il fatturato è altalenante, l'affitto puntualissimo. «Incide molto, per 60 metri quadri pago 2500 euro più Iva». La crisi non ha scalfito l'ottimismo. «Forse aprire in questo periodo è stato un azzardo, ma sono fiducioso».
LA VIA STA MORENDO Luisa Fabrocile, lancia un appello al sindaco: «La via sta morendo, se Zedda ama la sua città deve svegliarsi e fare qualcosa». Riprende a vestire il manichino. «Sono qui da tre anni, è sempre peggio, servono idee e attrattive per far rinascere questa strada». Di clienti manco l'ombra. «Resisto, sono un'ottimista».
VIA MANNO Anche via Manno ha cambiato fisionomia, ma lo scenario è decisamente migliore rispetto a quello della strada dirimpetto, forse anche perché più inserita nei circuiti turistici e centrale rispetto a Castello e Marina. Laccu è sparito da piazza Costituzione, di Carieri & Carieri rimane il locale vuoto, l'assenza di Magli si fa sentire. Settantotto negozi, tre sono sfitti. «La strada si è trasformata», racconta Luigi Corongiu, titolare di Verginetti. «Hanno chiuso tanti multimarca e negozi storici, sostituiti da monomarca e direzionali». Conti alla mano. «La mia è una nicchia, ho risentito meno della crisi, lavoro con una clientela fissa». È sul mercato da 17 anni. Come si resiste? «Con passione e dedizione, ottimizzando acquisti e spese».
Sara Marci 

 


Polemiche della Confesercenti sulla decisione del Consiglio comunale

«Un minuto di silenzio? E dov'erano prima?»

«Credo che il povero signor Dal Padullo non se ne faccia niente del minuto di raccoglimento di chi arriva sempre un secondo dopo. Mi chiedo: che cosa ha fatto il Consiglio comunale per evitare che questo gesto non venisse attuato?».
Davide Marcello, vice presidente vicario provinciale della Confesercenti e presidente della Fismo, la Federazione italiana settore moda, polemizza sulla decisione assunta giovedì dalla conferenza dei capigruppo che ha deliberato che martedì, alla ripresa dei lavori, l'assemblea civica osserverà un minuto di silenzio per il commerciante morto suicida martedì pomeriggio nel suo negozio di via Pergolesi, schiacciato dal peso della crisi economica.
«Da tempo, come Confesercenti, abbiamo espresso al Comune grande preoccupazione per il peggioramento economico che i nostri negozi stanno subendo ma non abbiamo ottenuto risposte concrete. Consiglio quindi al Comune di non sprecare neanche un secondo per il ricordo del povero negoziante, ma di utilizzare quel minuto per cercare finalmente di trovare delle soluzione perché questi gesti estremi non debbano più essere la soluzione delle problematiche».
La valorizzazione della strade commerciali è solo parzialmente un problema del Comune. Che può occuparsi di abbassare le tasse di sua competenza e valorizzare meglio le arterie commerciale. È chiaro, come hanno sottolineato molti commercianti di via Pergolesi, «che se in un contesto di crisi come questo si continua a dire sì all'apertura di strutture della grande distribuzione, che hanno prezzi concorrenziali e parcheggi a disposizione, non si può andare avanti».