Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Tuvixeddu, le tombe e la soprintendenza«Scoprivamo i reperti, li segnalavamo, ci dicevano di andare

Fonte: L'Unione Sarda
11 aprile 2008

«Sino al '60 vigeva il sistema delle deroghe. La svolta arrivò con l'amministrazione Brotzu».di FABIO MANCA«Non c'era la cultura, non sapevamo». Antonello Zoppi, classe 1930, per 30 anni all'ufficio tecnico comunale (19 da capo supremo) lo dice spesso in un'intervista che chiarisce molto degli scempi urbanistici di oggi. Un esempio su tutti: «Mentre si costruiva via Is Maglias, nel '54, le tombe puniche spuntavano a un metro dalla strada. Bastavano pochi colpi di piccone. Ero un giovane ingegnere e non sapevo nulla di archeologia, ma mi precipitai alla soprintendenza. Seguirono gli scavi e scoprirono, tra l'altro, la statua del dio Bes, ma nessuno disse mai di interrompere i lavori. Di tutelare la necropoli non fregava niente a nessuno». Non a caso fu in quegli anni, tra il '46 e il '60, che Cagliari subì alcune tra le ferite peggiori. Erano gli anni in cui le esigenze di ricostruzione della città distrutta dalle bombe del '43 giustificavano ogni genere di deroga. «Costruire un piano in più nei palazzi era la regola. Accettata da tutti. Ci furono un po' di proteste quando venne progettato il palazzone di viale Regina Margherita, quello dove c'è la chiesa evangelica, e chiesero di fare un piano in più. Copriva la vista del mare dal Bastione. Fu scandaloso anche il palazzo all'angolo tra il Corso e via Santa Margherita». La svolta, racconta, «arrivò con l'elezione di Giuseppe Brotzu, nel '60 e col piano regolatore del '62. Brotzu fu una fortuna per Cagliari. Finirono i grandi scempi, si mise fine all'era delle cave, a Tuvixeddu, Tuvumannu, Monte Urpinu, calamosca, Montixeddu, San Michele, anche non si fermarono gli abusi».Antonello Zoppi si definisce «uomo di servizio». Certo ha avuto un potere enorme, da amministratore. Assunto, neolaureato, nel '54, a capo dell'Ufficio tecnico - tra il '63 e l'82, a 34 anni - ha gestito un impero burocratico-amministrativo oggi diviso in dieci uffici: urbanistica, edilizia pubblica e privata, servizi tecnologici, acquedotti, fognature, traffico e viabilità, nettezza urbana. Gestiva 20 ingegneri e 100 tra geometri e periti. «Quando arrivai, giovane ingegnere, inaugurammo molte strade: da via Is Maglias a via Cadello sino a via Palestrina. Nacque anche San Benedetto, a tavolino: strade e lotti edificabili, senza un metro di spazio, ad eccezione di piazza Michelangelo».Lei, cioè il suo ufficio, non poteva far nulla?«Succedeva in tutta Italia. Non c'erano regole. Dal dopoguerra era in vigore una legge studiata per la ricostruzione, fare un piano in più era normale, c'era un accordo tra Comune, impresari e professionisti. Qualcuno protestava solo se una cosa dava particolarmente nell'occhio, come nel caso di viale Regina Margherita. Nel resto del sud era peggio».Questa si chiama connivenza.«No, mancava completamente la cultura dell'ambiente, non c'era malafede».Il Consiglio comunale non arginava nulla?«Approvò il via libera alla demolizione dei mercati civici nel Largo e la costruzione degli edifici della Banca d'Italia e della Bnl. Quando dissero sì al palazzo dell'Enel in piazza Deffenu la città ottenne in cambio pochi lampioni pubblici».Quando avvenne la svolta?«Nel '62 con il piano regolatore redatto dall'architetto romano Mandolesi. Si impose una nuova concezione della città, ne furono un esempio Mulinu Becciu, con le strade larghe e i giardini, e Genneruxi. I 23 metri quadri di verde per abitante, di cui oggi Cagliari va fiera, nacquero allora».Era un uomo potente, riceveva pressioni?«Mai. Brotzu, uomo e politico eccezionale ed assembleare, impose il rispetto rigoroso delle regole e cancellò la cultura delle deroghe». Eppure si consentì che nel centro storico si installassero infissi in alluminio o si costruissero palazzine anonime e non rispettose dell'architettura e della storia dei quartieri.«Tutto questo accadde prima dell'entrata in vigore del piano Mandolesi».Vuol dire che negli anni '70 e '80 non nacquero obbrobri?«Errori urbanistici non ce ne sono stati, abusi sì».Barracca Manna, ad esempio?«Esatto, e anche Medau Su Cramu».Perché nessuno fermò lo scempio?«Noi denunciavamo, ma non seguivano provvedimenti esecutivi. Così gli abusi continuavano».E palazzo Belvedere?«Era sindaco Peretti, prima di Brotzu, la soprintendenza non mise alcun vincolo».Problemi con gli assessori, diciamo di invadenza?«Mai».Che vantaggi ha tratto dal potere che ha avuto?«Non mi sono mai sentito uomo di potere, anche se gli altri mi percepivano così. Uomo di servizio, piuttosto. Sono andato in pensione senza alcun paracadute ed ho ricominciato daccapo nella libera professione».� Mai rifiutato incarichi di prestigio in cambio di favori?«Mai. Mi chiesero di lavorare al palazzo del Consiglio regionale, dissi no».E fece bene. 11/04/2008