Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Risarcito dopo 40 anni, ma è morto

Fonte: L'Unione Sarda
4 giugno 2013

IL CASO. L'imprenditore che dal 1973 cercò di realizzare un palaghiaccio nei bunker di Monte Mixi

 

Il Tar condanna il Comune a pagare quasi 250 mila euro agli eredi

 


Il deputato democristiano Pietro Riccio era stato appena sequestrato dall'Anonima sarda, mentre le Brigate rosse non avevano ancora rapito e ucciso Moro, che era invece saldamente alla guida del Governo. Il Cagliari, ultimo in classifica di Serie A, aveva scelto: Gustavo Giagnoni sarebbe stato il nuovo allenatore. Nel 1975 un litro di benzina costava 305 lire e Francesco Atzori, insieme al suo socio Nello Trota, firmava il contratto che gli avrebbe cambiato la vita, anche se non come avrebbe sperato. Il Comune si impegnava a dare in concessione all'imprenditore di Monserrato, emigrato in Svizzera e tornato in città, il “bunker” di Monte Mixi. Doveva diventare il primo palaghiaccio dell'Isola, invece si è trasformato in un'odissea burocratica che ha portato pochi giorni fa il Tar a condannare il Municipio a un risarcimento di 191mila euro, oltre alla restituzione dei canoni d'affitto versati, cioè 55mila euro. Soldi che Atzori non vedrà mai: l'imprenditore è morto a febbraio di quest'anno, portando nella tomba il suo sogno di trasformare il vecchio deposito di carburanti costruito durante la seconda Guerra mondiale in una pista di pattinaggio.
PRIMO PROGETTO NEL '73 Atzori aveva presentato il primo progetto nel 1973 e due anni dopo era arrivato a concludere l'accordo con l'amministrazione. Da quel momento però inizia un calvario di fatto richieste di consegna della struttura, ricorsi fino al presidente della Repubblica, scontri con gli uffici tecnici. Una guerra che, almeno fino al 1998 (quando l'imprenditore presentò un secondo progetto), il giudici del Tar ritengono completamente ingiustificata. Ecco perché dopo la prima sentenza del 2011 - favorevole ad Atzori - il 28 maggio scorso è arrivata la quantificazione dei risarcimento.
LE DIFFICOLTÀ Il consulente tecnico d'ufficio del tribunale non ha avuto vita facile nel mettere nero su bianco la relazione sui danni. Perché l'unica struttura simile (cioè la Capo Horn di viale Monastir, nata nel 2002) è una società di capitali e dunque «non è tenuta alla pubblicazione dei bilanci», come spiega la sentenza. E così il Ctu ha dovuto fare la «media ponderata rivalutata dei risultati di gestione» di altre sette piste sul ghiaccio sparse in Italia, calcolando «su di essa gli interessi legali per ciascuno dei ventinove anni di durata della concessione» del bunker di cui Atzori, pur avendone diritto, non è mai entrato in possesso.
I conti, abbastanza complessi, dicono che il Comune dovrà pagare agli eredi dell'imprenditore «191.093,06 euro a titolo di danno emergente, compresi interessi e rivalutazione monetaria» e dovrà restituire i 55mila euro dei canoni d'affitto pagati inutilmente da Atzori, oltre a saldare le parcelle dei consulenti e pagare le spese di giudizio.
Michele Ruffi 


CHI ERA. Francesco Atzori

L'emigrante
che lottò
sino alla fine


La storia di Francesco Atzori, che nella sua seconda vita in Sardegna - era emigrato negli anni '50 - avrebbe voluto fare il tycoon-innovatore (perché questo significava aprire un pala ghiaccio a Cagliari nel 1975), farebbe perdere l'entusiasmo a qualsiasi imprenditore. E racconta bene cosa significhi scontrarsi con gli uffici pubblici. Chiese di poter trasformare il bunker di via Rockefeller in un pala ghiaccio, e il Comune non esitò a rilasciargli la concessione. La struttura realizzata dal Genio civile nel 1942 per stoccare i carburanti durante la seconda Guerra mondiale sarebbe diventato una pista di pattinaggio. Il suo sogno però non si è avverato e nei successivi trent'anni Atzori sborsato milioni (di lire) per conservare la concessione, ha fatto rifare più volte il progetto ma tutto è rimasto al suo posto.
Il sindaco di allora (Franco Murtas) aveva inserito nel contratto la realizzazione di un giardino pensile sul tetto. In attesa della consegna, gli venne risparmiata qualche mensilità del canone d'affitto ma solo nel 2000 (sindaco Mariano Delogu) ricevette le chiavi della struttura. Dove però gli operai non entrarono mai. La Circoscrizione e gli abitanti del quartiere insorsero temendo il disturbo della loro quiete notturna e l'occupazione dei parcheggi da parte dei clienti del palaghiaccio. Così il progetto si spostò sul bunker gemello di via Rolando. Il Comune aveva già provveduto ad aggiornare il canone di concessione quando a dicembre del 2003 la Soprintendenza ai beni architettonici sentenziò: il rudere, come tutti i fortini sulla costa, fa parte della storia cittadina, quindi è intoccabile.
Così viene depositato il primo ricorso al Tar. Nel 2011 i giudici danno ragione a Atzori e condannano la condotta del Comune, che avrebbe dovuto concedere subito la struttura. Ora, a quasi quarant'anni dalla firma del contratto con l'amministrazione, gli eredi dell'imprenditore incasseranno anche il risarcimento per il «grave inadempimento contrattuale» del Municipio. (m.r.)