Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

Due anime oscure che per il potere violano il confine tra sacro e umano

Fonte: Sardegna Quotidiano
31 maggio 2013

MACBETH

 

Edire che era un re amato dal popolo, difensore dell’antica tradizione celtica contro le ingerenze del sovrano sassone Edoardo il Confessore». Sorride Marco Faelli, maestro del coro del teatro Lirico, nell’inquadrare dal punto di vista storico Macbeth, medievale condottiero (e poi sovrano, dal 1040 al 1057) scozzese reso immortale prima dalla penna di William Shakespeare, poi dal genio musicale di Giuseppe Verdi. «Il personaggio che viene rappresentato è tutto l’opposto: una macchina di morte, sanguinario, assetato di potere. La partitura verdiana ci proietta in un clima costante di pericolo e di angoscia, lo spettatore affronta un viaggio tra le pieghe più buie del comportamento umano».

QUEL FILM DI KUROSAWA La prima del melodramma del Cigno di Busseto andrà in scena stasera al teatro Lirico per la stagione operistica. La direzione dell’orchestra è affidata a Renato Palumbo: «Ho buone aspettative. Per effetto della regia di Micha van Hoecke il pubblico si ritroverà in un contesto orientaleggiante che nulla toglie alle tinte oscure che caratterizzano l’opera, anzi le esalta». Niente tetri manieri, clangore di cotte di maglia e fitti nebbioni, dunque. «Il film di Akira Kurosawa “Il trono di sangue” mi ha fornito una sorta di rappresentazione visiva del Bushido, il codice d’onore dei samurai, soprattutto per l’orientamento dei personaggi sulla scena» spiega il regista belga van Hoecke (già braccio destro di Maurice Bejart negli anni Settanta), che si è ispirato proprio alla celebre trasposizione cinematografica del 1957 della tragedia di Shakespeare. L’obiettivo è quello di «sottolineare l’universalità del messaggio del Bardo attraverso l’esame di una cultura assai distante dall’originale ».

LA FOLLE CORSA AL POTERE Macbeth torna al Lirico a distanza di 14 anni dall’ultima rappresentazione. L’allestimento, del 2004, è prodotto dal Comunale di Bologna, dal Verdi di Trieste e dal Ravenna Festival. A vestire i panni del protagonista, il baritono slovacco Dalibor Jenis (che si alternerà con Angelo Veccia): «Il primo impatto con questa Scozia che diventa Oriente è stato un po’ traumatico», ammette il cantante. «Lavorando con Palumbo e von Hoecke mi sono progressivamente calato nella parte, che canto per la prima volta in carriera, fino ad esaltarmi ». Per il baritono, Macbeth sarebbe però ben poca cosa senza la moglie - l’implacabile Lady - al suo fianco: «Lui è il braccio, ma la mente criminale della coppia è lei. Lei comanda e dirige Macbeth a suo piacimento, lo sprona a non indugiare mai, a non farsi alcuno scrupolo nell’eliminare nemici e amici». «In effetti, interpretare la parte di una donna così demoniaca è anche divertente » - sorride il soprano Rachele Stanisci (che si alternerà con Anna Pirozzi) - «soprattutto quando si è tanto diverse da lei... per fortuna! Il ruolo resta molto impegnativo, non solo dal punto di vista vocale ma anche della recitazione». Le vicende rappresentate sono note. Le streghe profetizzano a Macbeth un futuro prima da signore di Cawdor, e poi da sovrano di Scozia.

La prima parte del presagio si avvera, e quando la moglie del guerriero viene a saperlo lo incita a uccidere re Duncano per prenderne il posto. Macbeth fa ammazzare anche l’amico Banco (cui le apparizioni hanno anticipato un futuro da padre di re). Il fantasma di Banco (il cui giovane figlio, Fleanzio, sfuggirà alla mattanza) perseguiterà Macbeth per tutta l’opera. Interrogate nuovamente le streghe, queste mettono il nuovo re sull’av v iso: «guardati da Macduff», gli dicono. Macbeth - ancora su consiglio della moglie - fa sterminare tutta la famiglia del nobile profugo, che insieme a Malcom sta nel frattempo radunando in Inghilterra un esercito per detronizzare il crudele monarca. Alla fine, tutto precipita. Tra altre profezie che si avverano, scontri all’ultimo sangue e rimorsi tardivi, la coppia letale finisce per soccombere: «Vittoria, vittoria!» cantano gli scozzesi: il tiranno è morto. Fabio Marcello