RENATO PALUMBO
Il motore del mondo? Non illudiamoci, non sono i buoni propositi o l’altruismo, quanto piuttosto la sete di comando e di potere »: parola del maestro Renato Palumbo, impegnato in questi giorni nella preparazione di Macbeth, il melodramma verdiano in scena al teatro Lirico da venerdì. Il direttore d’orchestra veneto, specialista del repertorio del Cigno di Busseto e ormai di casa a Cagliari (è salito sul podio numerose volte, l’ultima lo scorso febbraio per l’Omaggio a Debussy), fa un’eccezione alla sua diffidenza verso le interviste («un artista deve parlare col il suo lavoro», ripete spesso) e racconta come si prepara un’opera tanto impegnativa «per i cantanti, senz’al - tro, ma anche per il direttore, che deve saper rendere il senso di costante tensione, di dramma incombente di cui la partitura di Verdi è imbevuta».
MALVAGITÀ DEMONIACA «I ruoli chiave dell’opera sono quelli di Macbeth e della Lady, sua moglie», spiega Palumbo. «In particolare quest ’ultima assume tratti quasi demoniaci, guida e anima le azioni scellerate del marito il quale a sua volta innesca una spirale di sangue e morti che non risparmia né gli amici, né i bambini». E tutto, per cosa? «Per il potere. Che diventa ossessione, un’ambizione malata che avviluppa la coppia, la rende schiava di incubi e visioni per poi condurla, al termine di una lunga catena di efferatezze, alla distruzione». Il maestro sottolinea la difficoltà del ruolo di Lady Macbeth: «Verdi l’ha scritto per un soprano drammatico d’agilità. Occorrono vocalità corposa e facilità nel passare velocemente dalle note basse agli acuti spinti». Rachele Stanisci interpreterà la crudele Lady per la prima volta in carriera: «Lavorare con il maestro Palumbo è un privilegio» dice il soprano. «È attento a ogni dettaglio, i tempi musicali sono perfetti. Nel repertorio di Verdi è davvero un numero uno». Anche il baritono slovacco Dalibor Jenis è entusiasta di vestire i panni di Macbeth sotto la guida di Palumbo: «Con lui la partitura è rispettata in maniera rigorosa. È un direttore d’orchestra carismatico, ti guida con mano sicura e con gesto imperioso... fa quasi paura!», scherza il cantante, al suo esordio nel ruolo.
UN LAVORO DI SQUADRA «La buona riuscita di un’opera lirica è legata al fatto che ciascuno faccia al meglio la propria parte» sottolinea Renato Palumbo, che riferendosi alla regia e alle coreografie di sapore più orientale che scozzese di Micha von Hoecke rivela: «Il pubblico deve capire tutto della rappresentazione. Se ciò non accade, vuol dire che qualcuno ha sbagliato: o io, o il regista». Ragion per cui «ci si confronta, si lavora di squadra. Non concepisco una direzione musicale che non tenga conto dell’allestimento». Il direttore d’o rchestra veneto è ormai un habitué del palco cagliaritano: «Trovo sempre grande disponibilità e un’ottima organizzazione. Un ente lirico simile, tanto conosciuto anche fuori Sardegna, va saputo valorizzare. Il suo alto profilo qualitativo è indice del livello di civiltà della città stessa». Tornando a Macbeth e agli orrori di una folle corsa al potere, Palumbo rivela: «In fondo al dramma shakesperiano e all’opera di Verdi brilla una luce di speranza. È il bene che vince, alla fine, mentre il male soffoca tra le sue stesse spire». Suona la campanella. L’i ntervallo delle prove è finito, e così pure l’intervista: «Scusatemi, la Scozia mi attende». O l’Oriente, forse. Fabio Marcello