Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Tifosi perplessi: «Sul futuro solo incertezze»

Fonte: L'Unione Sarda
14 maggio 2013


I dubbi sulla retromarcia
 

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Un anno di peripezie e manifestazioni, sconfitte a tavolino e gare a porte chiuse. Un anno di proteste e giri d'Italia, da Cagliari a Trieste, a Quartu, Parma e ancora Trieste. Ora si torna a Cagliari, stadio Sant'Elia, dove tutto partì, il 1° aprile del 2012. Manca un mese e mezzo al 30 giugno, una specie di D-Day, la data entro cui il Cagliari dovrà presentare la documentazione per l'iscrizione al prossimo campionato di serie A, indicando il nome dello stadio in cui giocherà le sue partite. Uno stadio che, a oggi, ancora non c'è, per la gioia di cardiologi e psichiatri che si fregano le mani in attesa dell'arrivo dei tifosi rossoblù, prossimi a diventare cardiopatici e con gravi disturbi alla psiche.
Ieri l'atteso incontro tra Comune e Cagliari Calcio ha diviso i tifosi. C'è chi esulta all'idea di rivedere il Cagliari in città e chi, invece, chiede di non riaprire quella porta. Gli irriducibili, quelli che «mai al Sant'Elia, vogliamo Is Arenas» e quelli che «Is Arenas era carino, ma pare un campo di C2». Ma non manca anche l'inguaribile pessimista, che sfoglia il calendario e si lancia in un «tempi troppo ristretti, non ce la faremo mai e giocheremo a Reggio Emilia», tirandosi addosso una marea infinita di gesti scaramantici, più o meno oxfordiani.
La vicenda stadio ha trasformato il tifoso in ingegnere, con ardite ipotesi di ristrutturazione, o in fotografi d'assalto, col web inondato di immagini dell'attuale stato dello stadio. Reti di recinzione, muri cadenti e scavi, «magari stanno cercando bronzetti», perché dopo la tomba di Is Arenas anche Cagliari vuole il suo ritrovamento prenuragico.
Tutti hanno segnato in rosso la data di domani, mercoledì 15 maggio, giorno del sopralluogo dei tecnici. Appesi a un sì che potrebbe riportare il Cagliari in città dopo un lungo esilio, anche se c'è chi si augura «2 anni ancora a Quartu, con Is Arenas finalmente aperto, e nel frattempo Sant'Elia buttato giù e ricostruito come si deve».
Alberto Masu