Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Fondi europei, in Sardegna tanti e spesi male

Fonte: La Nuova Sardegna
16 aprile 2013


 

La Regione chiede la pagella dal 2000 a un gruppo di esperti. Giudizio impietoso: un miliardo e mezzo investito a vuoto

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di Giuseppe Centore

CAGLIARI

Non chiamatelo fallimento, ma solo per non buttare sulla Regione l’ennesima croce; il concetto di fondo non è però distante. Le politiche regionali cofinanziate con i fondi europei negli anni scorsi per bene che vada sono rimaste complessivamente molto al di sotto delle aspettative: i fondi manovrati, e spesi, centinaia e centinaia di milioni di euro, hanno prodotto alcune interessanti operazioni, ma nel complesso i risultati sono stati «deludenti». A dirlo è la stessa Regione, che proprio per verificare la bontà del suo lavoro ha affidato a un nucleo di valutazione, formato da interni ed esterni l’amministrazione, lo studio e l’analisi dei piani nel periodo 2000-2006 (con giunte regionali di centrodestra fino a metà del 2004, quando vinse le elezioni il centrosinistra). Il nucleo di valutazione, nominato durante la giunta Soru e in scadenza a fine anno, è diretto da un ingegnere, Corrado Zoppi, docente all’università di Cagliari. Il pool da lui coordinato, che si è avvalso anche del lavoro di società esterne specializzate nella raccolta e nell’analisi dati, ha prodotto già quattro studi, su politiche urbane, ricerca scientifica e innovazione tecnologica, azioni contro la dispersione scolastica e sul sistema pubblico dei servizi per il lavoro. A questi quattro studi, già pubblici, se ne aggiungeranno altrettanti che saranno completati entro l’anno: riguardano i pacchetti integrati di agevolazioni rivolti alle imprese e al turismo, quello sull’unione dei Comuni, quelle sulle politiche per il turismo e l’ultimo sulle politiche energetiche. Infine vi sarà un quinto studio, condotto in collaborazione con Nomisma e Prometeia, sull’impatto che complessivamente le politiche che hanno utilizzato i fondi strutturali hanno avuto per l’economia dell’isola. Anche questo non sarà pronto prima del 2014. Fonti interne allo stesso nucleo di valutazione ritengono altamente probabile, se non certa, una analoga sentenza anche per il successivo Por, che si concluderà quest’anno e che sarà monitorato solo dal 2014. Bisogna leggere tra le righe del linguaggio degli esperti per cogliere il fallimento di queste politiche. «Non sempre i risultati sono stati all’altezza delle aspettative».

Delusione. È il concetto che a più riprese e in diverse forme viene declinato da tutti gli autori degli studi. Una delusione profonda, solo mitigata dal fatto che i diversi piani hanno comunque smosso le acque. «Ma in ogni caso – ha detto diplomaticamente Zoppi – l’attuazione di queste politiche, non è stata efficace, rispetto alle aspettative e alle esigenze della programmazione. Gli interventi sono stati troppo parcellizzati, è mancata una visione di insieme che sapesse e potesse renderli fruttiferi nel tempo e facesse crescere realmente l’isola».

I numeri. I soldi non sono certo mancati: quasi 500 milioni di euro per le politiche urbane, oltre 800 per la ricerca e l’innovazione; molti di meno, vista la specificità dell’intervento, per la scuola, quasi 30 milioni di euro, e per i servizi dell’impiego (i vecchi Cesil, che oggi vivono un triste crepuscolo). In totale quasi un miliardo e mezzo. In ogni caso il nucleo di valutazione regionale ha sfatato un mito che sino a ieri reggeva senza sforzi: la spesa programmata e poi realizzata di per sé è efficace e produce benefici. Purtroppo non è così.

La sentenza. I risultati, racchiusi in sostanziosi studi di centinaia di pagine dicono il contrario. Basta leggere le asettiche righe contenute nel documento annuale di programmazione economico e finanziaria del 2013 presentato nei giorni scorsi dalla giunta regionale, per farsi una idea del fallimento di queste politiche, non ascrivibili a una giunta e a una stagione politica.

Sviluppo urbano. Su questo tema «il risultato è stato considerato piuttosto deludente. Le correlazioni (tra indici del disagio sociale e misure di intensità degli interventi) anche nei casi migliori sono piuttosto basse anche se significative». Viceversa le politiche urbane «non hanno conseguito l’obiettivo prioritario di migliorare la qualità della vita nelle aree urbane, conseguendo invece un obiettivo non dichiarato: la permanenza del tessuto insediativo diffuso». Come dire, i soldi gettati nel calderone degli interventi nelle aree abitate hanno se non altro attenuata la tendenza allo spopolamento e alla concentrazione nei grandi centri.

Ricerca scientifica. Il quadro non cambia, semmai ci sono alcune novità, come la non omogenea diffusione temporale dei finanziamenti, «a periodi di grande lentezza sono succeduti periodi di forte accelerazione, soprattutto nella parte finale dei periodi»; insomma si sono spese risorse perché altrimenti si sarebbero perse, più che per un motivo valido. E poi «è mancato il coordinamento tra ai diversi soggetti regionali incaricato di attuare queste politiche e c’è stato uno scollamento tra chi gestiva i fondi e i beneficiari degli stessi». Modesta infine la capacità di attrarre imprese esterne: solo 34 su 1600.

Dispersione scolastica. I laboratori scolastici sono stati sicuramente interessanti per docenti e studenti, ma non hanno fermato la dispersione, Né hanno modificato il rapporto tra promossi e bocciati; in questo caso i dati rendono difficile una valutazione scientifica degli effetti, anche perché «la ripartizione dei fondi non è stata preceduta da alcuna analisi sul reale fenomeno della dispersione, ma è stata di tipo burocratico».

Servizi per l’impiego. Qui è stato misurato l’appeal dei nuovi strumenti rispetto al vecchio collocamento: «Gli utenti non hanno sfruttato le potenzialità offerte dai servizi, e non c’è stata l’auspicata inversione di tendenza».