Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Vi siete dimenticati degli ultimi

Fonte: L'Unione Sarda
28 febbraio 2013


SOS TOSSICODIPENDENZE. Padre Morittu punta il dito contro la classe politica latitante
 

«Provocatoriamente dico: legalizzate le droghe leggere»
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«Paradossalmente la mia sfida potrebbe essere invitare le forze politiche a presentare un disegno di legge sulla liberalizzazione delle droghe. Così finalmente se ne parlerebbe, si ragionerebbe su cose concrete». Padre Salvatore Morittu è un uomo pacato ma questa volta necessariamente provocatorio. Lo ha detto dalle colonne del settimanale diocesano Il Portico, lo ribadisce vis a vis. «Dipendenze, droga? Argomenti tabù in campagna elettorale. Mettono in imbarazzo. E il solo affrontarlo spaccherebbe le coalizioni». Eppure la situazione è esplosiva nelle famiglie, nelle carceri e nella sanità.
«Aumentano le dipendenze da gioco d'azzardo, da videopoker. Si scommette senza spostarsi da casa. Una devastazione apparentemente non visibile a livello sociale. Eppure nessun politico ne parla». L'appello del fondatore di Mondo X (dagli anni Ottanta in prima fila nella lotta alla tossicodipendenza e al recupero) è fermo.
Padre Morittu, ma realmente auspicherebbe alla legalizzazione?
«La mia posizione è provocatoria. Tu senti costantemente, quando vogliono pensare a qualcosa di operativo sulle tossicodipendenza: Legalizzare le droghe leggere . Mi sono stancato di questo parlare senza riflessione. Non dico sia sbagliato ma dico solo: siate seri».
Cosa è accaduto sino ad oggi?
«Nonostante tanti partiti annuncino che sarebbe auspicabile la legalizzazione e vorrebbero realizzare una condizione legislativa di questo genere non passano mai all'azione».
In pratica?
«Presentare un progetto di legge in cui si spieghi cosa si vuole fare. Ad oggi, l'unica proposta è quella dei Radicali con Luigi Manconi. Parliamo del 1986. E nessuno ha pensato di lavorare su quella».
Perché?
«Perché quando vuoi fare una proposta di legge iniziano a venire tutti i nodi al pettine. Quella proposta dice che si può vendere legalmente la cannabis se hai più di 16 anni. Questo pone già un problema. Stiamo parlando di qualcosa che prima dei 16 anni fa male? Stiamo creando un target? Un semplice esempio di come riflettendo seriamente iniziamo a trovare i punti cruciali e a risolverli».
Invece?
«Non si è mai passati dagli enunciati alle proposte, mai. Per molti il problema droga è una Fenice, per altri un semplice paravento. Per me è una questione seria rispetto alla quale solo una proposta complessiva riuscirebbe ad armonizzare un eventuale cambiamento della legge. Quale visione strategica politica vogliamo avere rispetto alle dipendenze? Verrebbe banalmente da pensare: ma che cos'è oggi la cannabis rispetto a tutte le altre dipendenze che si stanno creando? Ora ci sono cannabis sintetiche che si vendono via Internet in confezioni simili a quelle che si mettono negli armadi per conservare la biancheria. I sintomi sono inimmaginabili rispetto a quelli della cannabis normale, a livello di pronto soccorso creano gravi allarmi che prima non comprendevamo. L'identificazione non è semplice nemmeno per i laboratori di primo livello».
Dopo decenni di lotta, la politica proibizionista ha dato frutti?
«Purtroppo io non identifico bene la politica proibizionista e quella antiproibizionista. Perché l'aspetto del mercato, delle materie chimiche alle quali in questi anni si sono aggiunti i comportamenti che creano dipendenza, come video-poker, internet, gioco d'azzardo, si è allargato. Io che propongo un'alternativa al carcere sono proibizionista o antiproibizionista? Non lo so. Se punto l'attenzione sull'aspetto personale, dell'individuo, penso subito: no, la galera non serve. Se penso al mercato che specula, dico: il carcere ci vuole. Alla fine ti accorgi che è necessario avere delle risposte diverse per il ragazzo che comincia a drogarsi e il criminale che spaccia».
Qual è la sua via?
«Non riesco a collocarmi se non in un ventaglio di soluzioni. Ci vogliono interventi di tipo proibizionistico, preventivo e di recupero».
È schizofrenico uno Stato che non predispone una legge sulla droga e sempre più diffonde il gioco d'azzardo a portata di mouse?
«Questa è la complessità alla quale una politica e una riflessione stagnante non possono dare risposte».
Il problema delle tossicodipendenze era assente dalla campagna elettorale?
«Solo i radicali ne hanno parlato in riferimento alla amnistia e alle carceri».
I politici non vengono nemmeno più a fare il giro di passerella pre-elettorale nelle vostre comunità di recupero. Non siete più di moda?
«Su di loro pesa un senso di colpa: si sentono inadeguati. Ma grava anche un problema di strategia politica: prendere sul tema una posizione netta significa creare una spaccatura all'interno delle stesse coalizioni. Così, di fronte a problemi complessi, è più semplice uscire in tangenziale che affrontarli. Questa è un questione complicata. Ci troviamo davanti a un mercato raffinatissimo che al governo colombiano dice: Se mi lasci lavorare in pace ti aiuto in 5 anni ad appianare il debito con l'estero . Dove trasversalmente tutti sono coinvolti e di conseguenza regolare la situazione comporterebbe un controllo dei mercati, dei capitali visto da questa angolazione. Siamo in un terreno dove l'illecito diventa parte integrante del lecito. Dove si approvvigionano indirettamente le banche. Cosa significa costruire in Costa Smeralda o in altri posti con il riciclaggio dei soldi della droga? Rintracciabilità dei capitali».
Parlando dei politici lei ha detto che intorno al suo operato hanno saputo creare l'indifferenza elogiativa. Che cosa significa?
«L'indifferenza è uno di quei peccati oggi capitali, il poveraccio che dice che è poco il crampo allo stomaco per la fame rispetto all'indifferenza di quelli che passano. È dunque un processo psicologico che vuole attenuare il senso di colpa e trasforma l'indifferenza in elogio. Noi siamo sicuramente tra le persone direttamente più elogiate. Io non incontro una persona di un certo livello sociale, politico, che non mi elogi. Però non me li ritrovo affianco, non li ho vicini rispetto a una attenzione, a una inquietudine. Mai. Se non è personalmente toccato o coinvolto tende a ricollocarti al tuo posto e sfuggire».
Francesco Abate