Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

Quel febbraio di 169 anni fa in città quando l’inno si cantava in sardo

Fonte: Sardegna Quotidiano
21 febbraio 2013

 S’HYMNU SARDU NATIONALE

 

Non a tutti piace. L’hanno chiamato «marcetta ». Hanno criticato il testo, «arcaico e sconclusionato » . Hanno proposto Verdi, “Va ’, pensiero”. «Eppure», puntualizza Marco Betzu, ricercatore di Diritto Costituzionale all’università, «la Repubblica è una e indivisibile. Il Tricolore è la sua bandiera, e Fratelli d’Italia è il suo inno, piaccia o meno ». Nel 1844 a Cagliari si ascoltava altra musica. Al teatro Civico, il 20 febbraio, veniva infatti eseguito per la prima volta “S’Hymnu sardu nazionale”. «L’inno fu sempre tenuto in gran conto dai sovrani e fu eseguito l’ultima volta, ufficialmente, nel 1937 dal coro della Cappella Sistina, diretto da Lorenzo Perosi». A spiegarlo è Francesco Cesare Casula, cui si deve il ritrovamento dello spartito originale, rinvenuto negli archivi dell’au - ditorium. «S’Hymnu sardu nationale, scritto in campidanese, si affiancò alla preesistente Marcia Reale la quale, solo dopo la proclamazione della Repubblica, fu sostituita nel 1947 in via provvisoria - divenuta permanente per prassi - con il Canto degli Italiani, meglio noto come Fratelli d’Italia», ha chiarito Casula. S’Hymu (anche noto come “Cunservet Deus su re”, incipit del testo) risale agli anni trenta del XIX secolo e fu scritto dal sacerdote, secolarizzatosi nel 1842, Vittorio Angius, deputato al Parlamento Subalpino e fervente liberale.

La musica invece venne composta dal maestro sassarese Giovanni Gonella. «Si tratta di una grande testimonianza di attaccamento dei Sardi alla casa reale» sostiene Pietro Pisu, che da anni si impegna a mantenere viva la memoria dell’esperienza monarchica. Gli fa eco l’urbanista Giampaolo Marchi: «Certamente ha senso ricordare l’antico inno: non tanto per la musica in se, ma perchè costituisce un riferimento ancora radicato e con una forte valenza identitaria. Se talvolta anche una canzoncina è in grado di rappresentare la stagione di un amore, un inno come il Cunservet coincide con la stagione epica del regno sardo e di quello derivato, d’Italia, per giungere alla nostra Repubblica. È dunque il simbolo, al di fuori del tempo, del nostro far west». Sulla valenza storica e simbolica di quello che fu l’inno del regno di Sardegna prima, e d’Italia poi, concorda Radhouan Ben Amar, docente di Teoria della traduzione e lingue: «Per me non esiste un Nord e un Sud. Quando sento parlare di inni o bandiere “regionali ” mi vengono i brividi, perché per me la nazione è una soltanto». Secondo il docente «ogni emblema del passato, e Cunservet Deus su re in questo senso non fa eccezione, non va dimenticato o sminuito nella sua importanza ma, al contrario, ricordato e studiato perché possa contribuire a costruire il presente e il futuro». I valori sintetizzati da un inno nazionale «devono risultare condivisi dalla collettività e e rappresentativi della stessa», conclude Ben Amara. Cosa rispondere, dunque, a chi vorrebbe l’abolizione di Fratelli d’Italia? «Una recente legge, la 222 del 2012, stabilisce l’insegnamento dell’inno di Mameli nelle scuole del primo ciclo di istruzione», ricorda Marco Betzu, che conclude: «Questo per ribadire, anche per il futuro, un concetto chiaro: la Repubblica è una, e l’inno pure » . Fabio Marcello

L’AUTORE È VITTORIO ANGIUS

S’Hymnu Sardu Nationale è degli anni trenta del XIX secolo. Fu scritto dal sacerdote, secolarizzatosi nel 1842, Vittorio Angius, deputato al Parlamento Subalpino. La musica venne composta dal maestro sassarese Giovanni Gonella. L’inno, scritto in sardo, si affiancò alla preesistente Marcia Reale, la quale fu sostituita dopo la proclamazione della Repubblica, nel 1947, con il Canto degli Italiani (più noto come Fratelli d’Italia) di Goffredo Mameli e Michele Novaro.