Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Addio all'uomo che amava il mare

Fonte: L'Unione Sarda
7 febbraio 2013


Centinaia di persone a Bonaria per i funerali di Giovanni Manconi, il “re” dello Scoglio

L'amico parroco: «Il suo ristorante era una casa per tutti»

L'amico dei pescatori, degli sportivi, dei magistrati, degli avvocati, dei commercianti, dei giornalisti, dei politici, delle star. Quel sorriso spontaneo e timido è entrato nel cuore di una città intera, tagliando a fette ogni schema sociale: «Aveva fatto del suo ristorante una casa aperta a tutti», racconta nell'omelia il vecchio amico Battista Melis, parroco di Frutti d'oro. «Trattava con lo stesso rispetto re, principi e popolo». È il giorno dei funerali di Giovanni Manconi, la basilica di Bonaria è strapiena. Centinaia di cagliaritani regalano l'ultimo saluto al creatore dello Scoglio, il ristorante aggrappato sui costoni di Sant'Elia.
Più di cinquant'anni da cerimoniere della buona cucina cagliaritana, non ha mai rinunciato alla sua anima popolare rafforzata dall'adolescenza trascorsa nel vecchio borgo marinaro del capoluogo. «Aveva sempre una buona parola per gli ospiti e nel tempo ha cementificato tantissime amicizie», ricorda il sacerdote. «Il ristorante era un punto di riferimento creato da un uomo buono che andava ben oltre il suo spirito da imprenditore».
Ci sono pezzi giganti della storia del calcio cagliaritano davanti alla bara di Manconi, morto due giorni fa a 75 anni. Con l'immancabile Gigi Riva («per me Giovanni era come un fratello») c'è Ricky Albertosi, il portierone dei rossoblù dello scudetto, arrivato apposta dalla Toscana per salutare il vecchio amico «di quegli anni magici». Poi Greatti, Brugnera, Reginato, Tomasini, Poli. Tra le bancate di Bonaria non passano inosservati le tante personalità del palazzo di giustizia. Pm e avvocati, giovani e meno giovani. Ci sono i vecchi amici del ristoratore arrivato bambino da Foresta Burgos, come l'avvocato Luigi Concas, l'ex procuratore capo Carlo Piana, il presidente del Tribunale Francesco Sette. Si scorgono tre vecchi sindaci: Lino Lai, Michele Di Martino e Emilio Floris. Tra i politici si notano anche Mauro Pili e Giorgio Oppi. Non manca il mondo dei giornalisti, quello delle tante notti allo Scoglio, quando finiva il lavoro in redazione e tra i tavoli della terrazza affacciata sul mare si trovavano la buona cucina e il clima familiare.
Ma soprattutto non può mancare quel pezzo di città con cui il re dell'aragosta aveva un feeling particolare. In tanti arrivano da Sant'Elia per abbracciare il vecchio amico: «Era un uomo buono e generoso», sussurra una donna tra le lacrime all'uscita dalla messa. A Bonaria s'intravedono tanti pescatori, e anche i rivenditori dei mercati cittadini. Sempre fedele alle origini, sempre attaccato al quartiere che ha conosciuto quando è arrivato dal Goceano. Era il 1947, era un dopoguerra fatto di sacrifici e cinture sempre più strette. «Papà ha avuto la passione per la cucina sin da bambino», racconta Alessandro, scelto dal vecchio ristoratore per prendere le redini dello Scoglio. «Per qualche anno ha fatto il cameriere, prima di puntare sull'avventura in proprio. E il suo rapporto col mare ha fatto il resto».
Nel 1958 il primo locale, nel '62 quello attuale. Stesso posto, pochi metri di distanza. Capo Sant'Elia da una parte il Golfo degli Angeli dall'altra: «Era davvero innamorato di quel panorama. Ogni mattina, prima di aprire il ristorante, non sapeva rinunciare alla sue passeggiate accanto al mare». E poi una vita intera in cucina, «a miscelare i sapori che arrivavano dal Mediterraneo». Fino al gioiello di famiglia, la pasta all'aragosta, «inventata quasi per caso negli anni Sessanta per una tavolata di studenti universitari», dice il figlio. E la fama di quella cucina ha portato a Sant'Elia una marea di personaggi dello spettacolo, dello sport, della politica «Quel ristorante era la sua vita». Più di cinquant'anni dietro i fornelli prima di arrendersi a una malattia spietata: «Non ha mai smesso di informarsi, neanche gli ultimi giorni. Come avete lavorato? I clienti erano contenti? ».
Giulio Zasso