Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Grillo a Cagliari: «Mandiamoli a casa»

Fonte: La Nuova Sardegna
7 febbraio 2013

 

Ventimila sotto il palco del Movimento Cinque Stelle per il «concerto in onore di una nuova democrazia partecipata»

    elezioni 2013
    movimento 5 stelle





di Umberto Aime

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CAGLIARI. La piazza dei Centomila, quella dei Papi, l’ha riempita. C’è riuscito, il Beppe. Sold out, tutto esaurito. Grillo, a Cagliari, ha messo assieme ventimila non paganti: liberi, esultanti, presi per la pancia, arringati, chiamati a raccolta fra moccoli, bombe, accuse, qualche confusione e tanti sketch. Quaranta minuti abbondanti di spettacolo, a cielo aperto, che lui chiama concerto «in onore della democrazia partecipata». Che domina: fa il domatore, è un istrione. E’ il suo momento e lui lo sa, anche se si prende in giro in quell’altalena fra demagogo, populista e megalomane che si fa urlare in faccia dalla folla. Il mondo che ha sotto lo segue, come una gigantesca ombra, nel canovaccio del Movimento Cinque Stelle: dentro i suoi cannoni ci mette di tutto. A cominciare dalla Sardegna: «E’ un paradiso e i ladri della politica ve l’hanno trasformata nella terra della disperazione. Ribellatevi». E’ un fiume in piena: «Basta – grida – mandiamoli tutti a casa. Ridiventiamo una comunità, ritorniamo a essere Stato. Quello che non ammazza la gente ma l’aiuta e con il nostro reddito di cittadinanza non lascerà nessuno a terra». Racconta subito del Sulcis e dice: «Voglio che il mondo veda quanto soffrono gli operai che occupano la miniera. Mettiamo una web-cam davanti a quel buco, a quelle facce, ventiquatr’ore su ventiquattro, e così tutti sapranno cos’è la vera sofferenza» Non c’è un filo che lega un minuto del monologo all’altro: sono sciabolate, a raffica. Anche quando se la prende col Pd perché domenica avrebbe votato in Parlamento il raddoppio della base di Quirra, anche se nelle cronache politiche non c’è traccia di quel sì, ma qualche errore è possibile. Perché la stanchezza dello Tsunami tour comincia a pesare sulle spalle del Beppe, che dovrà ricaricarsi prima del gran finale, il 22 febbraio, in Piazza San Giovanni, a Roma. Comunque dove va dà sempre il massimo, soprattutto quando spara ad alzo zero sulla Banda dei Quattro, i soliti mascalzoni: Berlusconi, il nano bugiardo ammorbidito col coccolino, Bersani-Gargamella, che non sbrana ma succhia, Monti, l’esorcista al contrario, Napolitano, quello che «implora la privacy sugli sporchi affari:ni: Re Giooorgio è scandaloso». Ed ecco i fattacci di casa nostra, in carrellata: dalla Parmalat alla Telecom fino al Montepaschi. Prova e fa provare disgusto, maledice i bancarottieri della morale: fa tabula rasa della Repubblica. C’è riuscito in Sicilia, lì M5S, è diventato il primo partito dopo le Regionali, ha vinto a Parma. Ora vuole sfondare in Sardegna, anche se nelle amministrative del 2012 il successone che si aspettava, nell’isola non c’è stato. Ma quella delle Politiche è un’altra storia, che vuole vincere «con questi ragazzi dalle facce pulite, gente come voi, State sicuri sono di quelli che in Parlamento non si dimenticheranno da dove arrivano. Mai». E’ un crescendo, a metà del cammino, quando scarica addosso l’impensabile sul redditometro, l’Agenzia delle Entrate, Equitalia e le leggi disoneste votate da farabutti, altri suoi storici cavalli di battaglia. Continua con l’università, le scuole pubbliche, la giustizia: strappa applausi in ogni passaggio, mentre sulle scalinate c’è chi lo contesta. Con due fumogeni rossi e uno striscione, sono gli antifascisti che vogliono fargli arrivare il messaggio: «Grillo apre ai fascisti, noi no». Ma fra loro e il palco c’è una muraglia che al momento clou («Siamo pronti per governare. Se non ora fra un anno», è la miccia») salta di gioia e sogna. E lui affonda i colpi, senza promettere, perché dice: «Hanno fulminato il nostro futuro ma ora che non abbiamo più nulla da perdere, ci hanno rubato tutto, rimettevi in gioco e se credete nel nostro programma, limpido e chiaro, il lavoro non sarà più un ricatto, nei call center andranno a lavorare i figli della Fornero fino a liberarci di questi rompiballe». Dando così una risposta in differita al segretario del Pd sardo, Silvio Lai, che in serata aveva scritto: «La politica non si fa con le battute, servono proposte». E lui, Beppe, di rimando fa sapere che accorperà i piccoli Comuni, lancerà il micro-credito, obbligherà i ladri di questi partiti marci ai lavori socialmente utili: «Devono restituirci subito il maloppo». Poi rilancia l’agricoltura, la pastorizia e in generale «quel senso delle cose che abbiamo sotto casa ma di cui non sappiamo più nulla». E’ un boato, quando legge i sondaggi alla sua maniera: «Altro che terza forza, a fine febbraiosaremo i primi». Mani al cielo, il resto lo diranno le urne.