SAN BENEDETTO. Le testimonianze delle persone salvate dalla povertà
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Dei palazzoni non c'era traccia e anche le strade asfaltate dovevano ancora arrivare. Via Dante stava nascendo, la campagna verso Quartu e Molentargius era colorata un po' dalla macchia mediterranea, un po' dal pascolo per le pecore.
In quella che poi sarebbe diventata via San Benedetto c'era solo una struttura campestre fatiscente, con le mura diroccate e un tetto ormai venuto giù. Apparteneva al Comune, arrivava da una vecchia confisca ai tempi della Rivoluzione francese e si apprestava a diventare un punto di riferimento per la città. Il 25 gennaio del 1923, don Virgilio Angioni, in quell'area che un tempo ospitava l'ex convento dei cappuccini, dà vita all'Opera del Buon pastore.
LA FESTA DEI 90 ANNI Sono passati novant'anni, quel piccolo tempio di carità nel cuore della città continua a vivere. Una vita ad aiutare gli altri, la mano sempre tesa verso i bisognosi e lo sguardo rivolto agli emarginati, quelli che combattevano contro la miseria. «È stato una perla del clero cagliaritano e di tutta la Sardegna. Un vero esempio d'amore, è partito dai poveri, dai più piccoli», lo descrive così l'arcivescovo Arrigo Miglio invitato ieri a celebrare la messa. Alcuni di quei piccoli che il sacerdote quartese morto nel 1947 raccolse dai marciapiedi, scalzi, a mendicare tra le strade di Cagliari, ora sono diventati anziani. Ma restano i ricordi vivi degli anni trascorsi sotto le sue amorevoli cure.
PIONIERI DELLA PARITÀ «L'opera di monsignor Angioni è andata soprattutto nella direzione del rispetto e della valorizzazione delle donne. Oggi può sembrare un valore affermato, non è sempre stato così, novant'anni fa era ancora in gran parte da scoprire», ricorda Miglio. La chiesa di San Benedetto è piccola, nessuno sfarzo né colonne imponenti. Le bancate sono piene, molti fedeli stanno in piedi. Tra loro c'è anche chi ha toccato con mano la più feroce delle miserie prima, e poi la grande generosità d'animo del fondatore dello scrigno di pace oggi gestito dalle suore.
SALVATA DA PADRE VIRGILIO Bardia Mertoli oggi è un'elegante settantaseienne cagliaritana, il passato doloroso si legge nei suoi occhi color cielo. «Avevo sette anni quando conobbi padre Virgilio, ha salvato la vita a me e ai miei quattro fratelli». L'infanzia difficile: «Per tre mesi abbiamo vissuto in una grotta sotto piazza D'Armi, eravamo soli, sporchi e con i pidocchi. Mio padre era stato mandato in esilio, mia madre era ricoverata in un ospedale di Ales». Era il 1943, il 13 maggio, il giorno della seconda ondata di distruzione su Cagliari. «Padre Angioni ci portò in convento, dopo quattro ore il nostro rifugio venne raso al suolo». È rimasta con lui sino a dodici anni, «poi mia madre riuscì a prendere un alloggio comunale e ci portò via. Sono rimasta legatissima a lui».
MESSAGGIO DI BERTONE In prima fila il sindaco Massimo Zedda, accanto Mauro Contini, primo cittadino di Quartu. In quei pochi metri quadri sembra quasi sentirsi il cuore di Monsignor Angioni traboccante d'amore per gli ultimi. Anche il Papa ha voluto partecipare attraverso un telegramma scritto dal segretario di Stato Tarcisio Bertone: «In occasione del novantesimo anniversario di fondazione delle suore figlie di Maria Santissima il sommo pontefice Benedetto XVI, spiritualmente partecipe, rivolge il suo cordiale e beneaugurante saluto. E incoraggia a far fruttificare nella società il carisma elargito dal fondatore monsignor Angioni». Grembiule e cuffietta in testa, Vincenza Lai sorride. Con lei la vita non è stata gentile, ha perso la madre quand'era piccolissima, è rimasta al Buon Pastore sino ai dodici anni. Poi è finita per strada, «vivevo di elemosina, poi ha vissuto in un sottano in via Milano con una donna che mi sfruttava». Da sette anni è tornata dalle suore, come quand'era bambina.
Sara Marci