Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Perfetta e prevedibile, è la musica di Jan Garbarek

Fonte: L'Unione Sarda
11 dicembre 2012


Cagliari, il sassofonista norvegese e il suo trio al Lirico per Rocce Rosse

Concerto superbo ma con un lirismo di facile presa

Ha inventato un suono, uno stile, un'estetica, diventando punto di riferimento per legioni di sassofonisti e non solo. È stato attivo sperimentatore quando la filosofia di un nuovo periodo appariva ai più ancora lontana. Ha suonato con George Russell, Chick Corea, Keith Jarrett, Don Cherry. E poi con Ustad Fateh Alika Kan, Anouar Brahem, Shaukat Hussain, Eleni Karaindrou, inglobando elementi del folklore di mezzo mondo. Ha superato i confini di tempo e di luogo con un fascinoso incrocio di stili fatto di continue aperture ai generi più disparati e alle musiche del pianeta. Ha viaggiato nelle polifonie antiche con i vertiginosi Hilliard Ensemble. Jan Garbarek è sempre stato un musicista in continuo movimento, e con profonde motivazioni interiori.
Per questo sorprende non poco l'esito della prova offerta qualche giorno fa al Lirico di Cagliari per la ventunesima edizione di Rocce Rosse Blues, quest'anno in versione winter e itinerante. Affiancato da ottimi compagni di viaggio, Rainer Bruninghaus al pianoforte e tastiere, Yuri Daniel De Souza al basso, Trilok Gurtu alle percussioni e alla batteria, il sassofonista norvegese consegna un set superbo sul versante esecutivo (tutti e quattro suonano naturalmente in maniera stupenda), quanto però prevedibile in ogni suo momento. Un set pervaso da tanto mestiere, insomma, e anche da tanta routine.
Agli appassionati che accorrono nel teatro di via Sant'Alenixedda, in verità, non così numerosi come ci si attendeva (visti i tempi, adattare i prezzi dei biglietti alle tasche delle persone avrebbe probabilmente incentivato l'afflusso), il fiatista di Mysen, che oltre al tenore impiega il sopranino, capace di garantirgli un piglio più incisivo, una voce più tagliente e profonda, e, in uno dei temi conclusivi, un flauto di legno di derivazione popolare, distende una musica fin troppo organizzata, marcata da un lirismo di facile presa e a volte un po' lezioso, da una scontata alternanza tra momenti intimi, meditativi, intrisi di dolcezza melodica, e altri invece ritmati, dimensioni estetizzanti, atmosfere ridondanti, umori dei più disparati (perfino funky). Con passaggi solistici ben determinati, che levano all'improvvisazione il gusto della sorpresa, lasciando spazio al puro virtuosismo e al magistero dei singoli.
Quasi tutto il materiale della serata è tratto dal repertorio di Garbarek, “Tall tear trees”, “Liquid”, “Considering the suail”,“Stolt oli”, “Pygmy Lullaby”, “One I dreamt a tree upside down”, “Fugl”, “Maracuja”, ma non mancano pagine personali degli altri partner, come nel caso di “Nine Horses” firmata da Gurtu, dove il percussionista di Bombay libera tutta la sua fantasia, tra poliritmie e tempi dispari, percuotendo ogni cosa capiti a tiro. Alla fine, lunghi applausi per tutti.
Carlo Argiolas