Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'oratorio è tornato di moda

Fonte: L'Unione Sarda
16 novembre 2012



Non solo catechismo, spazio allo sport, giochi, solidarietà e formazione
Ma non è facile trattenere gli adolescenti e trovare bravi educatori

«Allora: le virgolette non valgono, i cascioni sì. D'accordo?». La pallina schizza sul vetro, le manopole girano vorticosamente come eliche. Quattro ragazzini armeggiano sul calciobalilla, il vociare sguaiato si confonde con i colpi secchi dei calciatori di plastica. Domenica mattina, istantanea dall'oratorio della parrocchia della Madonna della Strada: il tempo sembra essersi fermato agli anni Sessanta. Ma è solo un'illusione, oggi l'oratorio non è più la stanzetta dove il prete in tonaca millebottoni dispensava ping pong e carte, o un pallone da rincorrere su un campetto polveroso dopo, naturalmente, l'obbligatoria lezione di catechismo. Nell'anno del Signore 2012 calciobalilla e co. sono solo una minima parte dell'attività di aggregazione sociale delle parrocchie: per gli adolescenti c'è tanto sport, corsi di musica e canto, computer, teatro, feste, viaggi, scoutismo, sostegno scolastico. Cancellato Azzurro di Celentano: «Sembra quand'ero all'oratorio, con tanto sole, tanti anni fa; quelle domeniche da solo... neanche un prete per chiacchierar». Era il 1968, anno cruciale anche per la chiesa, l'oratorio veniva definito vecchio e stantìo. «Adesso si vede una rinascita. E sono spesso i genitori a voler riproporre ai figli un modello della loro infanzia», dice don Alberto Medda, parrocco del SS. Crocifisso, a Genneruxi.
Offerta formativa. Il rito catechistico c'è ma è inglobato in una offerta formativa ed educativa che mira a un coinvolgimento non solo ludico. L'oratorio come luogo di incontro per ragazze e ragazzi, altrimenti destinati alle chiacchiere del muretto, all'oppiacea invadenza di tv e videogiochi, alla noia da sbadiglio, alle strade sbagliate.
Sabato sera, ore 20,15: è già buio, i fari illuminano i campi di calcio e basket della parrocchia di San Paolo, ancora affollati, gli strepiti di gioco dei ragazzi arrivano nella stanza di don Enzo Rossi, 50 anni, che segue alla lettera l'insegnamento di Don Bosco: attirare tutti i giovani. «Anche chi non segue il percorso catechistico. La nostra caratteristica è essere parroci senza parrocchia», spiega. Inutile obbligarli: «Se vengono forzati, i ragazzi lo vivono come un momento scolastico». Cancelli aperti, dunque. Aggiunge don Enzo: «Ogni giorno facciamo due minuti di interruzione per una preghiera e un pensiero. Chi non è interessato, e generalmente si tratta di un quarto dei presenti, si allontana, e quando abbiamo finito ritorna. Nessuno di noi gli dice perché “sei andato via?” o gli nega l'accesso. A quell'età tutti devono sentirsi liberi, rispettando è ovvio alcune regole di educazione e rispetto». I pericoli. «Gira qualche canna, lo sappiamo. E interveniamo». Gli iscritti all'oratorio di San Paolo sono 1200, pagano una tessera annuale di 5 euro che in realtà serve per l'assicurazione. Per alcune discipline sportive, invece c'è una quota che va coprire i rimborsi agli istruttori. Tutte le attività sono gratis.
Attività gratuite. Un concetto su cui si fonda l'operato di don Emanuele Mameli, 41 anni, da 2 nella parrocchia della Madonna della Strada. Quartiere Mulinu Becciu, «con disagi sociali e casi di estrema povertà», dice. «Ogni bambino che entra non paga nulla, tutti sono uguali e possono passare dall'attività sportiva a quella musicale e ludica senza sborsare un centesimo». Sala classica dell'oratorio con calciobalilla e ping pong, ma anche il laboratorio artistico e i campi da calcio e pallavolo: questa l'offerta per i 300 bambini dalle elementari alla scuola media. «Il quartiere si riconosce nell'attività della chiesa, c'è una buona partecipazione» dice don Emanuele «ma l'anello debole è rappresentato da chi deve prendersi cura di questi ragazzi. Non è facile trovare oggi giovani e adulti che abbiano tempo e motivazioni per educare i più piccoli».
Giovani educatori. Chi ha avuto un'esperienza positiva generalmente non abbandona. È il caso di Nunzia, 29 anni, cooperatrice della Caritas, educatrice a Sant'Eulalia. «Io sono nata e cresciuta nella Marina. Ho visto povertà e difficoltà di integrazione. Se non avessi incontrato l'oratorio sarei rimasta in piazzetta a chiacchierare e perdere tempo. Ho trovato un posto che mi ha accolto e si è preso cura di me. Così ho pensato di dare agli altri quello è stato dato a me». «La fascia debole - spiega don Davide Collu, 28 anni, da due al SS. Crocifisso, frequentato da 150 bambini delle elementari, un centinaio delle medie e una settantina delle superiori - è quella dei ragazzi dopo la cresima. Bisogna seguirli e offrirgli qualcosa. Altrimenti scappano».
Cosa cercano i giovani. Ecco, cosa cercano e vogliono gli adolescenti d'oggi? Cosa possono trovare in un oratorio? «I ragazzi - continua don Davide - hanno bisogno di uno spazio, un tempo e persone che li ascoltino. Il loro problema più grosso è la solitudine in mezzo agli altri. Nonostante Facebook, Twitter, gli sms alla fine sono soli. L'oratorio è una proposta per tutti ma anche per il singolo: bisogna concordare le attività con loro, capire di cosa hanno bisogno».
Don Marco Lai, 56 anni, da 2 è a Sant'Eulalia, quartiere multietnico della Marina, dove gravitano 210 bambini, per l'80 per cento stranieri accolti anche se non frequentano il catechismo e dove accanto alla chiesa c'è la sala di culto islamico. «L'oratorio è un progetto sociale di aggregazione e un'opportunità di vita diversa. Non è chiuso in una stanza ma esce, accoglie, incontra, respira, visita. Non si ferma all'aspetto giocoso dell'impiego del tempo libero ma costruisce attività», spiega don Marco che alle spalle ha 15 anni di lavoro nella parrocchia di Sant'Elia. Attività, per esempio, come il sostegno scolastico che non è semplice assistenza nello svolgere i compiti. Dice don Marco: «Si parte da un colloquio con gli insegnanti della scuola e si lavora per colmare le lacune». Un'esigenza sentita anche dalle famiglie. «Infatti - aggiunge don Enzo - quest'anno abbiamo iniziato già il primo settembre su precisa richiesta di tre ragazzi, anziché dal 31 ottobre. E finiremo non a maggio ma il 31 luglio».
La vacanza. Ancora. La parte del leone è l'oratorio in trasferta, il momento di divertimento e di crescita. A Genneruxi, nell'ex chiesa trasformata in oratorio, campeggiano le foto dei gruppi in gita. Alla Madonna della Strada don Emanuele ha organizzato da giugno ad agosto le vacanze gratuite per i bambini del quartiere, altrimenti costretti a stare a casa o in strada dalla crisi che ha obbligato le famiglie a tagliare le ferie. Ma i progetti sono tanti. Come il Nerc (Non esistono ragazzi cattivi) ideato a San Paolo, dove frequentano l'oratorio anche adolescenti affidati in prova dal Tribunale dei minori: hanno avuto gravi disagi familiari, stanno in mezzo agli altri per integrarsi «ma - dice don Enzo - nessuno sa quanti e quali sono: non vogliamo etichettarli, vogliamo che seguano un sano percorso di crescita».
Costi e finanziamenti. Gestire un'oratorio ha naturalmente dei costi. «Le famiglie - dicono all'unisono i sacerdoti - sono spesso generose e ci aiutano». I soldi, però arrivano soprattutto dagli enti pubblici. La legge regionale dell'8 febbraio 2010 riconosce “la funzione sociale ed educativa degli oratori”, quest'anno la giunta Cappellacci ha deliberato 1 milione di euro, cui si aggiungono altri contributi comunali assegnati alle parrocchie dall'assessorato ai Servizi sociali. Un finanziamento di convenienza, chiosa don Marco, «anzi di risparmio, se non altro perché le strutture esistono già e non si devono spendere soldi per costruirle ex novo, semmai per restaurarle, poi ci sono risorse umane che offrono volontariato e per le famiglie utilizzare gli oratori, aperti sempre tutto l'anno, significa risparmiare e lasciare i figli in un ambiente sicuro».
Responsabilità. Un ambiente che aiuta alla formazione dell'individuo: un altro tema sul quale insistono i sacerdoti. Don Davide spiega che «impegnare i giovani in alcuni servizi, per esempio come animatori per i più piccoli, li aiuta a responsabilizzarli, a maturare il senso del dovere, a farli sentire importanti». «Li teniamo sotto una tensione educativa, se rispettano l'impegno preso diamo loro anche un piccolo rimborso: devono capire che gratis non si ottiene nulla», specifica don Marco.
E che fare per le “pecorelle smarrite”, per combattere la dispersione, per offrire un'opportunità ai ragazzi che ciondolano per strada? La ricetta di don Emanuele è semplice: «Non bisogna aspettare che entrino all'oratorio, è l'oratorio che deve uscire nelle strade». Una nuova sfida, la più difficile.
Sergio Naitza