Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Cate e Luna, passi leggeri nel degrado

Fonte: L'Unione Sarda
25 ottobre 2012


PRIME FILM. Giornata particolare di due adolescenti cagliaritane tra realismo crudo e ironia
 

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Si è parlato a lungo di Bellas mariposas dopo la prima veneziana (L'Unione Sarda del 7 settembre) e adesso che esce nelle sale non si può che ribadire l'originalità di un film coraggioso. Si ritrovano intatte, con in più la forza dell'immagine, le atmosfere suburbane declinate in poesia da Sergio Atzeni; anche Mereu racconta la giornata particolare di due adolescenti che camminano sulla terra leggere, impermeabili al degrado, alla volgarità, alla violenza, all'ignoranza che le vuole imbrigliare. Un diario privato che diventa pubblico, quello di Cate e Luna, farfalline innocenti che vagolano dalla periferia al centro di Cagliari e ritorno, incarnando l'universalità di una condizione magica: quel liminare in cui l'infanzia sta svaporando e diventa brufoli e ormoni, spinta vitalistica a credere nei sogni impossibili, nei desideri più segreti. Mereu ha colto l'attimo fuggente in un film duro e crudo ma attraversato da refoli di una tenerezza impalpabile che si gonfiano in soffi di grottesca ironia, stemperando la condizione brutale di una adolescenza tradita e rubata. Vedi Cate e Luna scivolare plastiche e leggiadre nel bestiario di famiglie sgangherate, padri allupati, madri disilluse, pedofili di strada, piccoli teppisti, bambine già perdute: quasi stessero davvero nuotando in quel mare che “fa dimenticare casa quartiere futuro mio babbo il mondo”, anziché annaspando fra i meandri del caseggiato popolare e lercio di Santalamenera.
Rispettando fedelmente il libro, Mereu s'è dovuto adattare a trovare la forma migliore per rendere funzionale l'audacia narrativa di Atzeni. L'ha fatto usando la voce fuori campo di Cate, come una confessione pubblica. E poi la parlata, dove l'italiano lascia spazio a un casteddaio verace e slabbrato, un turpiloquio che è il comune denominatore della comunicazione giovanile.
Sara Podda e Maya Mulas aderiscono perfettamente, nel fisico e nel carattere, a Cate e Luna, così come tutti gli altri attori presi dalla strada chiamati a dare fisicità pasoliniana ai personaggi; e non sono da meno gli attori di mestiere, scelti anche loro con intelligenza, guardate come Luciano Curreli rende il nichilismo proletario del padre e poi la madre coraggio di Maria Loi e i guizzi ironici di Rosalba Piras nella scena della defecazione mattutina. Questo per dire che il film è crudo e realista ma stemperato in un grottesco casereccio che strappa la risata: la prima parte soprattutto, chiusa nelle anguste stanze e nei cortili dei casermoni, è pimpante e corrosiva nel presentare la famiglia di Cate. Cagliari, dove è stato girato il film, c'è e non c'è: nel senso che solo chi ci abita la riconosce, perché Mereu - saltando il decalogo da Film Commission - evita i totali panoramici, taglia le inquadrature, quello che si vede è uno spazio urbano anonimo. Un piccolo affaticamento nel prefinale non toglie forza al film che si chiude, così ruvido e vero, nel colloquio di segrete complicità fra Cate e Luna. Lieve come il battito d'ali delle mariposas, le farfalline, certo, e come quel bacio a fior di labbra che fa da sigillo al film. Ma di una innocenza consapevole e quasi “adulta”: che attinge negli abissi della fatica del vivere e miracolosamente sublima in freschezza e gioia di vita. ( s.n. )