Convincono l'orchestra e il coro del Lirico con la direzione di Renzetti
“Nabucco” a Cagliari: il segno della tradizione
Una cortina di fumo attenua i colori, crea un'atmosfera quasi delicata, mentre i suoni evocano la violenza della guerra.
Nel “Nabucco” che riapre le porte del Teatro Lirico dopo la pausa estiva, la direzione di Donato Renzetti pone l'accento sulle opposte tensioni che agitano l'opera, con morbide sfumature e chiarezza di linee, contrapposte ad improvvisi scoppi di energica vitalità.
Dalla collaborazione tra il Teatro Lirico di Cagliari e l'Ente concerti Marialisa De Carolis di Sassari nasce un allestimento scenico che ha elementi fantasiosi nei dettagli, col fuoco vero che arde nel tempio di Salomone e crea una linea incandescente.
È Verdi così come te lo aspetti, con aspetti lirici, enfasi e grandi volumi di suono, che l'orchestra di Cagliari dispiega in una tavolozza articolata di toni e ritmi. Un bell'insieme musicale, che segue la strada della tradizione. Una lettura interpretativa coerente con tratti eroici esaltanti, come si addice a “Nabucco”, su cui pesa l'eredità storica di essere diventato il simbolo delle aspirazioni d'indipendenza del Risorgimento. Un'icona, con il suo “Va' pensiero”, trasformato in promessa di riscossa, piuttosto che un ripiegamento triste di lamento.
Ma soprattutto “Nabucco” è un'opera d'arte che resiste alle ingiurie del tempo. Nel libretto di Temistocle Solera si intrecciano la disgrazia degli ebrei sconfitti e la storia di un amore. Dove il topos degli innamorati appartenenti a fronti nemici resta sullo sfondo del dramma di un popolo che resiste a saccheggi e deportazione, e che Verdi fa parlare nelle tante scene d'insieme.
Il coro di Cagliari è così protagonista sin dal primo aprirsi del sipario, con la massa imponente di voci amalgamate e profonde ad esprimere la disperazione del popolo di Israele minacciato dagli assiri. In perfetta intesa e equilibrio con una compagnia di canto dove si fronteggiano le figure dei due capi carismatici.
Nabucco (Paolo Coni) ha voce piena e articolata, riflette ora l'arroganza del re che si dice dio e viene fulminato, ora la ripiegata disperazione del potente caduto che vede sgretolarsi potere e affetti. Nell'altro campo emerge la voce di Zaccaria (Mattia Denti), ricca di cupa imponenza che modula le espressioni del dolore e dell'autorevolezza.
E poi c'è la tragica dualità del personaggio di Abigaille, principessa che si scopre schiava, a cui Dimitra Theodossiou dà voce potente, con gorgheggi sugli acuti e potenza talvolta aspra, ma che acquista lirica plasticità e modulazioni dolci nel finale.
Più appartati Fenena (Tiziana Carraio) con voce non potente ma ben modulata e Ismaele (Alessandro Liberatore), traditore del suo popolo per amore di Fenena, con le contraddizioni del suo personaggio, che cresce in personalità piano piano, sino al confronto col coro dei Leviti in “Maledetto dal Signor”.
Il risultato è uno spettacolo intenso e ben congegnato, affidato alla guida esperta di Donato Renzetti che conduce coro e orchestra in una bella prestazione di ampio respiro. Dove l'acme è, come logico aspettarsi, nel “Va' pensiero”, con una tensione che si scioglie nell'epilogo, nella ritrovata dignità degli sconfitti, con Abigaille che muore e Nabucco che riconosce il dio degli ebrei.
E dopo le ultime note, a ricevere gli applausi sul palco, a fianco agli artisti ci sono le maestranze, a rivendicare un successo a cui si vuole dare anche il senso della solidarietà tra lavoratori, con i guerrieri che battono in terra gli elmetti ripetendo il ritmo della protesta degli operai del Sulcis.
Greca Piras