Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Amianto e oli smaltiti nel campo rom»

Fonte: L'Unione Sarda
27 agosto 2012


Un nomade racconta la vita nel vecchio villaggio di Mulinu Becciu
Una discarica di Eternit
 

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Negli occhi di Safet Ahmetovic, quarantacinque anni e nove figli, c'è ancora il via vai dei camion che quasi ogni notte bussavano alle porte del campo nomadi. I cassoni erano colmi di Eternit, bidoni d'olio, vecchie batterie ancora piene di acido. Rifiuti speciali che venivano smaltiti illegalmente nei terreni su cui il Comune ha realizzato, a metà degli anni Novanta, un'area di sosta per le roulottes dei rom. Amhetovic, nato in Bosnia ma in Italia da quarant'anni, racconta come l'area di Mulinu Becciu sia stata trasformata in discarica abusiva e fonte di guadagno per i rom: «La gente pagava cinquecento, anche mille euro per far sparire un carico di rifiuti pericolosi».
Cosa veniva smaltito nel campo sequestrato e sgomberato a fine giugno?
«Eternit, amianto in tutte le forme, olio bruciato, batterie d'auto. Rifiuti di ogni genere. Ti pagavano 100 euro per un carico di paraurti, di più se c'era da smaltire qualcosa di più pericoloso. Lo facevano tutti. E questo succederebbe anche in un altro campo. Io non dico di essere un santo, ma per molti questo era diventato un lavoro».
Lascerebbe la sua casa per tornare in un campo?
«Mai. L'era dei campi è finita, come quella dei dinosauri. So come andrebbero le cose: all'inizio sarebbe una meraviglia, ma nel giro di un paio di mesi, un anno al massimo verrebbe ridotto peggio di quello di Mulinu Becciu. Brucerebbero tutto».
Allora perché a luglio una delegazione di rom, accompagnata da alcune associazioni, ha chiesto di avere un altro campo?
«Evidentemente c'è chi ha il proprio interesse nel riproporre questo modello. Ma se veramente avessimo voluto rimanere nel terreno vicino alla 554, per evitare la chiusura sarebbe bastato ripulire tutto».
Le famiglie che abitavano al campo si odiavano. È vero che tutto è cominciato con un furto d'oro?
«Possiamo dire che ogni problema sia iniziato in quella occasione. Anche se ho qualche dubbio sul fatto che quell'oro sia stato rubato veramente. Si parla di 16 chili: può essere vero che una persona tenga in una baracca un tesoro così? Io non lo so, pero dopo questa vicenda i litigi erano all'ordine del giorno. Anche tra bambini e mogli».
Lei vive con la sua famiglia a Flumini da cinque mesi, è stato il primo a lasciare il campo.
«Sì, e all'inizio avevo paura».
Perché?
«Perché significa cambiare vita. Pensate: è come se uno di voi dovesse vestirsi sempre con abiti sporchi, lavorare ferro vecchio e fare queste cose. Forse avreste qualche dubbio. Ora però vivo un sogno. La Caritas ci ha aiutato tantissimo, ha trovato le case e ci ha sostenuto in questi mesi».
I suoi figli vanno a scuola?
«Prima andavano in via Meilogu, ora li devo iscrivere in un istituto qui vicino. Andrò a chiedere il nulla osta nei prossimi giorni. Al campo però in pochi hanno finito le scuole. Anzi, forse nessuno. Tutti hanno mollato alla terza media».
Il Comune vi aiuterà anche a trovare un lavoro.
«Ci hanno detto così, spero sia vero».
Si sente rom o cagliaritano?
«Io sono arrivato qui da bambino, stavamo in via San Paolo quando non c'erano ancora i cavalcavia. Abito in Sardegna da 40 anni. Dovrei essere cagliaritano, ma manca un foglio di carta su cui ci sia scritto questo».
Michele Ruffi