Rassegna Stampa

web Castedduonline.it

Lo scempio del nostro scarso verde pubblico continua

Fonte: web Castedduonline.it
12 luglio 2012


11/07/2012 18:24
Primo piano

Ancora una volta la guerra dichiarata dal servizio verde pubblico del Comune di Cagliari al nostro misero patrimonio arboreo ci condanna a un po’ di bruttezza in più. Ormai il rispetto per il verde è un lontano ricordo, si sperava che con la giunta Zedda si cambiasse rotta e invece no rimaniamo in linea con la meravigliosa e lussureggiante gestione Floris/Papoff Tutti, almeno a parole, vorrebbero vivere in un ambiente gradevole, silenzioso, respirabile e, si perdoni l’ardire, bello. Nel quartiere di San Benedetto è rimasta poca bellezza soffocata dal cemento e dalle automobili apparentemente ingovernabili, resistevano a dare ossigeno, assorbire rumore e soprattutto fare ombra in queste roventi giornate d’Estate gli alberi della piazza del Mercato. Resistevano forse perché dimenticate dal servizio verde pubblico che però sfortunatamente si è ricordato e, si sa, noi a Cagliari vogliamo stare al sole a costo di schiattare, senza fastidiose foglie verdi che “sporcano” e possibilmente senza uccelli a disturbare il rumore delle automobili con il loro assillante cinguettio. Ricordiamo Viale Trieste con i magnifici ficus ridotti a penose forchette, ricordiamo Viale Merello, e tutti gli altri luoghi un tempo verdi ed affascinanti ora decorati da alberi quadrati perché a Cagliari le linee morbide naturali e curve fanno orrore, Piazza Maxia dove ora possiamo goderci una piscina in cemento tristemente ricordando le Jacarande e anche lo scempio forse evitato o forse solo posticipato di altri ficus retusa di piazza Garibaldi che il nostro Claudio Papoff riteneva dal “verde monotono”. Ricordiamo anche che Luglio non è il mese delle potature come non lo è Maggio ma queste sembrano ridicole obiezioni quando la guerra è scatenata. A passeggiare in questi luoghi deprimenti e respingenti un tempo belli ed accoglienti, sconsolati ci si chiede perché, perchè dobbiamo essere condannati alla bruttezza.

Margherita Zanardi