Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Cultura, ricetta contro la crisi: «Offrire qualità»

Fonte: L'Unione Sarda
25 giugno 2012

Critiche alla giunta

La cultura dà da mangiare eccome. E ne darebbe ancora di più, se le amministrazioni e gli addetti ai lavori fossero più attenti a fare rete per offrire al pubblico prodotti di qualità. Perché è vero, il denaro latita (dal 2008 al 2011 i finanziamenti per il settore sono calati del 35%), ma è anche vero che, in barba alla crisi, sempre più utenti hanno fame di cultura (nello stesso periodo la spesa per andare al cinema, a teatro e ai concerti è salita al 7,2%). È quanto emerso all'incontro, al Caesar's Hotel, del centrosinistra cagliaritano (Rossomori, Partito Democratico, Sardegna Democratica, Italia dei Valori, La Sinistra e Circolo “E. Lussu” di Sel) dal titolo “La cultura non dà da mangiare? Ne vogliamo parlare!”.
«Circa 5500 sono gli addetti alla cultura e allo spettacolo che operano in tuta l'Isola - ha spiegato Antioco Usala, presidente del Cosas (Coordinamento degli organismi dello spettacolo e delle arti sceniche in Sardegna) - ma conoscere il loro livello di competenza, le loro mansioni nel dettaglio, è impossibile». Deficit del tutto sardo l'assenza di dati sulla materia, nonostante un osservatorio per la cultura sia stato istituito nel 2006. Critiche, sebbene soft, anche verso il piano della cultura presentato dall'assessore comunale Enrica Puggioni: «Ci sembrava di poter respirare aria fresca con la politica dell'ascolto, ma il suo piano ci sembra troppo dirigistico, non di indirizzo e di linee». Perplessità anche sulla costruzione della nuova Arena per gli spettacoli a Sant'Elia: «Siamo sicuri che uno spazio con simili funzioni non lo avremmo potuto individuare in edifici già esistenti? Il Parco di Monte Claro, per esempio, o l'ex Manifattura Tabacchi, o qualche altra struttura nell'immediato hinterland».
Salvatore Melis, segretario nazionale Rossomori, non ha dubbi: «Dovremmo cominciare a trattare la cultura alla maniera del Governo anglosassone. Non spese ma investimenti, e non ruoli marginali ma importanti nella scala gerarchica».
Michela Seu