Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Cagliari prigioniera del passato

Fonte: L'Unione Sarda
21 giugno 2012

AMORE E RABBIA. La città non è più un centro d'attrazione per il resto dell'Isola
 

Per il rilancio serve una cultura del sapere e del fare
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Nel lungo ed appassionato riflettere sulla Cagliari d'oggi, sull'eclissi della sua identità civile e sullo sfilacciamento della sua forma, due aspetti paiono emergere dalle discussioni. Innanzitutto la perdita di quella che s'è inteso chiamare la “cultura della città” e ancora, ma come logica conseguenza, la progressiva sclerotizzazione delle sue élite intellettuali, sempre più prigioniere d'un irripetibile passato anziché disponibili a disegnare un differente più consono futuro.
SCALA DI VALORI Ma sarà poi proprio vero che in questa nostra città la cultura venga posta all'ultimo posto nella scala dei valori cittadini, come aveva denunciato Michelangelo Pira mezzo secolo fa? E che si sia affermato un potere di comando fine a se stesso, ricco più di protervia e di insipienza che di sapere e di conoscenza? E, ancora, che si debba proprio a questa metamorfosi - più potere e meno cultura - a far di Cagliari una città sciatta e disordinata, senza più una sua definita identità?
Sono domande che le si sente circolare negli ambienti cittadini, e che a sentirle fanno male quasi come violenti colpi di frusta. E che, per chi ha amore per la città, sanguinano come delle inguaribili piaghe.
Eppure la storia cittadina (per chi abbia voglia di ripercorrerla) ci ha riconsegnato un passato di pagine importanti di successi economici e di valori culturali, d'una città en marche che avrebbe chiamato a sé, e valorizzato, gran parte della intellighenzia isolana del tempo. Tanto da far sì che Cagliari fosse divenuta “città” nel senso pieno del termine, molto più e molto prima d'ogni altro centro urbano dell'isola, avendo compreso della città il senso alto e completo della cultura europea.
Si sarebbe così formata un'ideologia culturale che qualcuno avrebbe definito cagliaritanità, che non era poi un distintivo anagrafico d'orgoglio o di supponenza, ma che andava intesa come riconoscimento d'un primato conquistato sul campo, avendo innaffiato le zolle del proprio destino con la pioggia benefica del sapere e del lavoro. Merito, ancora di quella simbiosi fra homo sapiens ed homo faber, divenuta il marchio di fabbrica dell'élite cittadina.
L'EPOCA D'ORO Si sta accennando, ovviamente, a quella stagione della storia cittadina che si potrebbe definire “aurea”, in cui erano fiorite, in sommo grado, straordinarie doti e competenze in un impegno straordinario di creatività, d'immaginazione e di dedizione. Ora, come capita nella storia degli uomini, a quella golden season (che molti definiranno bacareddiana) ne sarebbero succedute altre di qualità assai scarsa, tanto da togliere ogni valore a quella cagliaritanità, così da farla divenire, agli occhi di molti, niente altro che un disvalore. Avendola annacquata con l'immissione più di vizi sociali che di pubbliche virtù.
Ed a farne le spese sarebbe toccato proprio alla cultura urbana (compendio, come si sa, di vasti saperi, di ampie conoscenze e di eccellenze scientifiche), messa da parte dall'emersione di un analfabetismo d'àbord , fondato su di un famelico “arraffa-arraffa” al denaro, alle speculazioni di bassa lega ed al carrierismo più sfrenato.
L'intellettualità cittadina (sia quella dell'homo sapiens che dell'homo faber) si sarebbe così trasformata in un'enorme massa grigia, e quindi anonima, priva quasi del tutto della sua vocazione originaria d'essere e di voler essere classe dirigente, mancandole persino il necessario supporto dell'abbecedario conoscitivo dei valori storici della città.
CENTRO D'ATTRAZIONE Quel che si vuol sostenere è che Cagliari avrebbe perso in questi ultimi anni quel suo ruolo d'essere il centro attrazionale, e insieme formativo, per un ceto di intellettuali preparati ed attrezzati per interpretare e dirigere il suo progresso. Non si pensa certamente, in questo nostro ragionare, ai soli intellettuali dalle conoscenze umanistiche; si fa riferimento anche a quell'intellettualità che possiede la scienza del lavoro e della tecnica, anch'essa autentico sapere culturale. Perché, ricordando Gramsci, è intellettuale non solo il grande filosofo od il delicato poeta, ma anche l'abile ingegnere ed il creativo imprenditore. E cultura non può essere solo la conoscenza degli scritti di Kant o di Galilei, ma anche il saper ben costruire una diga od il ben condurre un'industria di tessuti o di farmaci.
D'altra parte sono in molti a sostenere, giustamente, che senza cultura non ci può essere progresso, ed essa è proprio la materia prima indispensabile per costruire un futuro. D'altra parte è nella città, da che mondo è mondo, e come si rivela nella storia, che si registra «il punto di massima concentrazione della cultura e del progresso di una comunità», come ha scritto Lewis Mumford. Se ora Cagliari va abdicando da questo suo compito, divenendo solo un dormitorio o poco più, il suo destino pare segnato in negativo. Forse, gioca in questo declino quella che si è definita essere una “questione universitaria” all'interno di una più vasta “questione urbana”: cioè la dolorosa separatezza formatasi fra saperi accademici e problemi cittadini, e - insieme - il problema di una città (qui intesa nella sua rappresentanza pubblica) che non riconosce, né premia come primaria eccellenza cittadina la sua alma mater studiorum .
Viene peraltro da chiedersi se sia poi proprio vero che Cagliari sia divenuta una città aliena alla cultura, così sterile di ambizioni intellettuali, così lontana da ogni voglia di saperi per l'innovazione e il progresso. Forse esistono - ed è questo che viene da pensare - non una, ma più Cagliari, in cui quella che emerge (e che è alla vista) ne rappresenta il negativo, mentre sembra esistere una città nascosta, mimetizzata od esclusa dai chiusi circuiti d'un potere arrogante, in cui si possono cogliere alcuni segnali di vitalità interessanti e promettenti da parte di uomini, sapiens e faber, volutamente esclusisi dalle stanze dei bottoni.
INVERTIRE LE SORTI Sarà dunque possibile, domandiamo, far sì che quell'intellettualità virtuosa venga fuori dal suo eremo e che voglia prendere in mano le sorti di Cagliari, invertendone la rotta attuale per condurla finalmente verso un futuro di vero progresso? Se così fosse, capiremo che tutto non è perduto, e che il pessimismo e la rabbia non l'hanno ancora vinta del tutto.
Paolo Fadda