Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Al Teatro Lirico tra crisi e fantasia

Fonte: L'Unione Sarda
25 maggio 2012

Debutta stasera alle 20,30 a Cagliari l'inedito dittico “Le Rossignol”- “Gianni Schicchi”

Il regista greco Tomas Moschopoulos: la povertà crea l'arte

Due opere solo all'apparenza leggere, che hanno come leit motiv la morte e la crisi dei valori: quelli di una natura armoniosa che cede il posto alle macchine in “Le Rossignol”, quelli morali in “Gianni Schicchi”, che fu spedito all'Inferno da Dante come «falsatore di persone». A fare da intervallo tra l'una e l'altra, lo Stravinskij del 1914 e il Puccini del 1918, la prima guerra mondiale.
È la sintesi estrema di questo inedito dittico che il Lirico di Cagliari propone da stasera alle 20.30. L'idea di mettere insieme i due lavori (50 minuti l'uno, venti tra l'uno e l'altro) non è di Tomas Moschopoulos, ma il regista l'ha subito sentita sua. Sarà l'anima tragica greca, sarà la gravissima situazione della sua patria (che è poi anche la nostra patria) ma il tema della crisi è ben presente in lui. E se nell'operina ispirata alla fiaba di Andersen l'equilibrio in bilico tra i due mondi è rappresentato dalle biciclette (macchine senza motore a metà strada tra natura e cultura), nella seconda l'equilibrio è del tutto perso. La morte è già arrivata, e i vivi cercano di sopravvivere come possono.
«Non c'è dubbio che il momento che attraversiamo influenzi il mio lavoro», dice nel suo perfetto italiano Moschopoulos, 46 anni. Pensi alla crisi mondiale, e a noi greci. Devo dire che da lontano le cose sembrano più brutte. Da qui la mia nazione mi sembra un inferno, lì si sopravvive e si lotta. La realtà è sempre diversa da come i mass media la rappresentano».
Qui, in un teatro che attraversa il suo momento più doloroso, si sarà trovato a suo agio...
«Ci sono abituato, l'importante è la positività di chi ci lavora, per questo ho accettato. Qui la voglia di fare c'è, eccome, trovare persone così motivate, sia tra i tecnici che tra gli artisti, è motivo di gratificazione e anche di ispirazione».
Come si trova con i colleghi greci?
«Il nostro è un team bene assortito, abbiamo una lingua comune, quella del teatro. E lavorare con il grande Dionysis Fotopoulos, scenografo e costumista, è un onore per me. Il teatro è comunicazione, è un lavoro collettivo che non fai da solo, non puoi essere regista senza attori, senza direttore delle luci, senza scenografo...».
C'è una continuità formale nella messinscena delle due opere?
«Ci sono motivi che tornano, e c'è una voluta differenza di stile. Stravinskij è molto più moderno di Puccini, è il futuro. Quello che fa è molto più “osato” e la regia lo registra. “Gianni Schicchi” è molto più vicino alle radici della commedia dell'arte e dell'opera buffa e non può essere simile nella messinscena. Ci sono però cose comuni, le scoprirete».
Lei ha vinto nel 2003 il premio Abbiati col “Macbeth” ma è noto soprattutto come regista di prosa.
«È il lavoro che prediligo. Mi piace il modo in cui si lavora, il maggior tempo a disposizione, la possibilità di confrontarsi. Nella lirica si fa di fretta. Con una felice eccezione, un “Così fan tutte” in Grecia per il quale ebbi tre mesi di prove. Era un laboratorio, con tantissimi giovani».
Dopo Cagliari?
«Torno ad Atene e tra sei giorni parto per il Canada: tre mesi al Festival shakespeariano con l'“Elettra” di Sofocle. La tragedia non è solo prosa, unisce l'epica di Omero e la poesia lirica, la danza, la retorica. Devo dire che l'opera di Monteverdi è ciò che è più vicino alla tragedia greca. Anche la messa ortodossa».
Torniamo al teatro, alla crisi, alla Grecia.
«Posso riassumere tutto con una poesia? È di Kavafis, “Aspettando i barbari”. Dove alla fine i barbari non vengono, e chi li aspettava resta spiazzato. Io nel 2004 ho curato ad Atene la cerimonia di chiusura dei Giochi Olimpici, sembrava una festa, ma io vedevo già che tutto stava per crollare. E gli altri a dirmi sei pazzo. Ora che il problema è già qui sono più ottimista. L'ubriacatura, l'inconsapevolezza è la cosa peggiore. Ora dobbiamo fare il nostro meglio. Noi greci, noi uomini di teatro. Qui, a Cagliari, abbiamo fatto quello che potevamo, e ci siamo riusciti grazie alla gente di questo teatro, alla sua passione, alla sua fantasia. “La povertà crea l'arte”, diciamo noi in Grecia, e la fantasia non costa, dobbiamo solo ritrovarla. Sfruttare quello che abbiamo imparato e soprattutto smetterla di lamentarci».
Maria Paola Masala

Da oggi al primo giugno
Sei recite
e Colasanti
sul podio

Aperta il 30 aprile scorso dal “Don Quichotte” di Jules Massenet, la stagione lirica e di balletto del Teatro lirico di Cagliari propone oggi alle 20,30 un dittico inedito: “Le Rossignol”, fiaba musicale (conte lyrique) in tre atti di Igor Stravinskij, autore del libretto con Stepan Mitusov, dalla fiaba “Le Rossignol et l'Empereur de Chine” di Hans Christian Andersen, e “Gianni Schicchi”, opera in un atto, su libretto di Giovacchino Forzano e musica di Giacomo Puccini. La direzione musicale è affidata all'abruzzese Maurizio Colasanti, al suo debutto sul podio cagliaritano, alla guida di Orchestra e Coro del Teatro Lirico. Il maestro del coro è Marco Faelli.
Le due opere vengono replicate domani alle 19 (turno G), domenica alle 17 (turno D), mercoledì 30 alle 20,30 (turno B), giovedì 31 alle 20,30 (turno F), venerdì 1 giugno alle 20,30 (turno C). Nei tre grandi schermi televisivi del foyer di platea si potranno ammirare brani da “Le Rossignol” (2005), film animato di Christian Chaudet, basato sulla registrazione dell'opera di Stravinskij, realizzata dalla Emi nel 1999, interpretata da Natalie Dessay e diretta da James Conlon, con personaggi animati in 3D che accompagnano i cantanti. Biglietteria dal lunedì al venerdì, 10-13 e 17-20, il sabato 10-13 e nell'ora precedente lo spettacolo.

 

La fiaba è all'esordio, l'opera torna dopo trent'anni, protagonista Alfonso Antoniozzi
Stravinskij e Puccini, favole e beffe

Due nuovi allestimenti del Lirico di Cagliari, per “Le Rossignol” e “Gianni Schicchi”: giocati sul contenimento della spesa e sull'esaltazione della creatività. A garantire la seconda, una quaterna di artisti greci, affermati soprattutto nel teatro di prosa: se la regia è di Thomas Moschopoulos, è Dionysis Fotopoulos a firmare scene e costumi. Le luci sono di Lefteris Pavlopoulos, le coreografie di Christos Papadopoulos (curiosa assonanza che diverte loro per primi). La direzione musicale è affidata all'abruzzese Maurizio Colasanti, al suo debutto sul podio cagliaritano, alla guida di Orchestra e Coro del Teatro Lirico. Il maestro del coro è Marco Faelli.
“Le Rossignol”, la cui prima rappresentazione avviene all'Opéra di Parigi il 26 maggio 1914, vede in scena Blagoj Nacoski (Il pescatore), Valentina Farcas (L'usignolo), Milena Storti (La piccola cuoca), Maurizio Lo Piccolo (Il ciambellano), Arutjun Kotchinian (Il bonzo), Carmine Monaco (L'Imperatore della Cina), Elena Zilio (La Morte), Oscar Piras (Primo messo giapponese), Alessandro Senes (Secondo messo giapponese), Mirko Secci (Terzo messo giapponese), Anna Maria Fasolino (Soprano), Paola Colaceci (Contralto), Fiorenzo Tornincasa (Tenore). In tre brevissimi atti si narra la fiaba di Andersen dell'usignolo dell'Imperatore della Cina, salvato da morte certa con la bellezza del suo canto.
Trent'anni anni sono passati, invece, dall'ultima rappresentazione, all'Auditorium del Conservatorio, di “Gianni Schicchi”, divertente atto unico rappresentato, per la prima volta, al Metropolitan di New York il 14 dicembre 1918, insieme a “Il tabarro” e “Suor Angelica”. La compagnia di canto propone Alfonso Antoniozzi (25, 27, 30, 1), artista poliedrico di rara simpatia che l'anno scorso si è presentato al pubblico cagliaritano nella doppia veste di regista (“La Traviata”) e baritono buffo (“Napoli milionaria!”) che si alterna nel ruolo del titolo con Domenico Balzani (26, 31). La bravissima Elisabetta Scano sarà Lauretta. Elena Zilio è Zita, Davide Giusti (Rinuccio), Giampaolo Ledda (Gherardo), Anna Corvino (Nella), Mauro Farci (Gherardino), Maurizio Lo Piccolo (Betto di Signa), Arutjun Kotchinian (Simone), Carmine Monaco (Marco), Milena Storti (La Ciesca), Francesco Cardinale (Maestro Spinelloccio), Alessandro Frabotta (Ser Amantio di Nicolao), Alessandro Perucca (Pinellino), Alessandro Senes (Guccio). La trama riprende l'episodio del trentesimo canto dell'Inferno; Dante si era ispirato a un fatto di cronaca realmente accaduto in cui Schicchi, sostituendosi sul letto di morte al cadavere di Buoso Donati, dettò un falso testamento in favore di un figlio di questi che era stato diseredato.
L'opera di Stravinkij, (a cui lo storico dell'arte Giorgio Pellegrini ha dedicato giorni fa buona parte della sua conferenza dedicata a “Cineserie, molle e pistoni”, non è stato mai rappresentato in Sardegna. L'atto unico di Puccini, prima rappresentazione Metropolitan Opera House di New York, 14 dicembre 1918, approdò al Civico di Cagliari il 30 aprile 1932. Nel maggio del 1947 fu rappresentato al Massimo, nel gennaio del 1982 all'Auditorium del Conservatorio. Protagonista il grande Giuseppe Taddei.