Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Una voce entrata nella leggenda

Fonte: L'Unione Sarda
24 maggio 2012

Ritratto di un cantante versatile amato dai critici, dal pubblico e dalla sua Cagliari

Schiavazzi, che ancor oggi i cagliaritani chiamano affettuosamente per nome, Piero, ebbe una carriera di attore cinematografico breve, quando come cantante era ormai in declino. Delle sue interpretazioni come tenore rimangono pochi dischi che non rendono giustizia alla sua arte, trattandosi di registrazioni dell'inizio del 900, e appartengono, “all'archeologia del disco”. Nessun dubbio comunque che la sua stata una delle migliori voci della storia dell'opera, per giudizio unanime dei critici: «Una voce fascinosa - scrive Daniele Rubboli - ricca di smalti lucentissimi, morbida e facile, tanto da poter rivaleggiare con De Lucia, Borgatti e Caruso». Un altro critico, Giorgio Gualerzi, la definisce «superba esprimentesi attraverso un fraseggio incisivo e incandescente, inflessioni che dal sospiro della mezza voce giungevano allo squillo altisonante del settore acuto, impennate superbe, scatti da mozzare il fiato». «Chi non lo ha udito non può farsi un'idea neppure vaga della bellezza del timbro di quella voce… il calore, la drammaticità, la finezza, si accompagnavano allo charme di un timbro senza pari. Aggiungasi a ciò la bravura del gioco scenico». Un complesso di qualità che rendeva le sue interpretazioni complete e tali da soggiogare le platee. Furono proprio le sue doti di attore a consentirgli di ottenere ancora successi dopo che la voce si era precocemente rovinata. Cilea lo giudicava il miglior interprete in assoluto della sua Adriana Lecouvreur . Schiavazzi è noto soprattutto come interprete del repertorio verista, perché a questo si dedicò particolarmente, forse perché più vicino al suo temperamento, ma va detto che la sua versatilità avrebbe potuto consentirgli di interpretare un repertorio più ampio, e i riconoscimenti della critica non mancarono per opere come Lucia di Lammermoor (uno dei suoi primi successi al Politeama Regina Margherita di Cagliari nel 1899), Werther e Manon di Massenet. «Egli diventerà uno dei migliori Lohengrin desiderabili… non gli manca nessuno dei requisiti necessari», scrisse un critico dopo una rappresentazione a Fiume nel1904. Piero non interpretò più quel ruolo, dedicandosi prevalentemente ai lavori della giovane scuola. «I suoi scatti entrarono nella leggenda della vocalità verista», ma per questo pagò un prezzo altissimo: il deterioramento della voce dopo pochi anni di carriera. Inutilmente la critica lo metteva in guardia: «Non si risparmia e non pensa all'avvenire come un gran prodigo di una grande fortuna.» Un'opera da lui portata in scena spesso fu Amica di Mascagni, «la cui tessitura acutissima che pare insostenibile - osservò un critico - fu da lui sopportata stupendamente» di fronte a un pubblico «meravigliato della sua resistenza». Per sostenere simili ruoli gli sarebbe stata necessaria una tecnica di canto perfetta, ma - insofferente allo studio sia durante il conservatorio che dopo, o forse troppo fiducioso nelle sue doti naturali - Piero non se ne curò. Dopo che la sua voce fu irrimediabilmente rovinata, Schiavazzi continuò a cantare, ma fuori dal giro dei grandi teatri e soprattutto grazie alle sue doti di attore.
Schiavazzi amava Cagliari e i suoi concittadini. In una lettera che scrisse infatti: «Ho mantenuto alta la bandiera della mia cara terra che mi ha dato i natali, che amo ed amerò sempre e con lei gli abitanti che vi sono nati e coloro che vi nasceranno». I cagliaritani hanno sempre ricambiato il suo affetto, la sua leggenda è sempre vivissima a un secolo dai suoi trionfi e oggi poterlo rivedere sullo schermo sarà comunque una grande emozione.
Franco Ruggieri