Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

“L'eredità dei corpi” esplorata dall'arte

Fonte: L'Unione Sarda
21 maggio 2012

Lazzaretto di Cagliari, 14 autori contro ogni esclusione sociale

In mostra il disagio, la fuga e il dolore

Disagio, fuga, dolore nelle opere in mostra al Lazzaretto di Cagliari fino al 24 maggio. “L'eredità dei corpi”, che mutua il suo titolo dal libro di Marco Porru edito da Nutrimenti, allinea le opere di 14 autori invitati dalle organizzatrici Valentina Neri, Nazzarena Marongiu e Valeria Grande a partecipare a una manifestazione contro l'omofobia e ogni altro tipo di esclusione sociale. Come, per esempio, la malattia, la bruttezza, la povertà.
È dedicata alla violenza sulle donne la sottoveste squarciata e suturata con spine d'acacia accostata da Antonello Ottonello a una sfilza di camiciole per bambini serigrafate coi disegni tracciati da mani infantili. Più esplicito, troppo, il contributo di Primo Pantoli propone una serie di sculture in metallo e rete più dure che espressive. L'argomento delicato e ghiotto è stato affrontato dalla giovane Alessia Mameli con un'installazione di neri specchi, calze autoreggenti, borsine da sera, pennelli per il trucco che raccontano l'infinita fatica dell'essere seducenti. Altra installazione, piuttosto slegata, quella di Marcello Nocera sistema accanto a due foto e a una maschera di bellezza da offerta speciale al supermercato il manichino di una lapidata in chador. Con tanto di pietre. Poetica e dolente la farfalla infilzata firmata dallo pseudonimo Roxxy, drammatico il ritratto maschile realizzato da Mauro Piredda con radici, foglie, resina e carbone.
Le curatrici hanno dovuto neutralizzare, per quanto possibile, l'impatto invasivo di una grande quantità di pannelli multicolori, eredità di un precedente scellerato intervento, che ottundono la bella luce del Lazzaretto e i suoi spazi quasi conventuali. Tra legni, finestrelle e gradini hanno trovato ottimo alloggio le raffinate tremende opere dei “Santissimi”. Corpi umani da museo delle cere: realistici, affondati in un chiarore evanescente quasi fossero esemplari da studio anatomico. Due volti, sottolineati da cornici decorate, emergono dal fondo della sala. Qui, in questa zona vitrea, all'inaugurazione le attrici di Lucido Sottile hanno letto testi e danzato su altissime zeppe, vestite di bellissimi costumi di scena.
A parlare di offesa e difesa, il riccio di carta di Chiara Sardu: un origami insanguinato. E le “Anime” flou fotografate sapientemente da Stefano Grassi, le membra infangate di Milly Macis, gli slanci ginnici sul promontorio di Sant'Elia ripresi con buona tecnica e bruni colori da Luca Troja. A dire la loro su omosessualità, pedofilia e situazioni connesse, tre pezzi prestati dalla Fondazione Bartoli Felter. Nello specifico, il porno coniglio di Antonio Pilade, le ninfette di Silvia Argiolas, la sequenza dei Globalgroove. Alcuni artisti hanno lavorato a soggetto, altri hanno consegnato alle promotrici di Mescolarte creazioni già viste ma in qualche modo attinenti al tema proposto. Che sarà ulteriormente sviscerato, oggi, dalle letture di Anna Brotzu (alle 17), poi, a seguire, dalla visione del film di Peter Marcias, sceneggiato da Marco Porru, “Ma la Spagna non era cattolica?” e infine dalla coreografia ideata da Theo Piu e dall'Academia Danza y Teatro.
La rassegna patrocinata dall'Ufficio della Consigliera regionale di parità, dal Comune di Cagliari e dalla presidenza della Provincia di Cagliari mette insieme forze diverse. “Parole, immagini, danza, teatro, cinema, pittura, fotografia - si legge nella presentazione dell'iniziativa- che muovano all'attacco del cliché del corpo bello e sano venduto come unico passaporto per il successo”. Concetto più che mai radicato nelle coscienze di ognuno, anzi ogni giorno ribadito, in special modo dalle campagne pubblicitarie. Sembra difficile tornare indietro, far risorgere, o forse nascere, valori diversi e inapparenti.
Alessandra Menesini

 

Gian Luigi Gessa nella giornata promossa dall'Unione Europea
L'anormalità? Non esiste
E vi spiego il cervello omofobo
Dice Gian Luigi Gessa: ho imparato quarant'anni fa a non nutrire diffidenze. Va avanti, il professore, spiegando nella sua lectio magistralis i meccanismi che scattano nei circuiti dei detentori del “cervello omofobo”. Cinque sono i punti che caratterizzano le risposte di chi rifiuta la pratica dell'omosessualità. Numero 1: è perversione. Due: è anormalità. Tre: è una scelta da scoraggiare. Quattro: è una malattia mentale curabile con apposite terapie. Cinque: denota immoralità. Gessa, in una conferenza allegra nonostante la serietà del tema, li smonta ad uno ad uno. Spiegando che omosessuali si nasce, a causa probabilmente di un'iperplasia nel surrene che interviene nella vita intrauterina. La fisiologia è decisa dai geni e «crudele è cercare di far cambiare le persone». L'ambiente, continua lo scienziato abbronzato e cortese, non ha poi tanta importanza. Tornando ai fatidici cinque punti, il neurofarmacologo di fama mondiale spiega al pubblico, convenuto al Lazzaretto per l'inaugurazione della mostra “L'eredità dei corpi”, che i più accaniti omofobi sono quasi sempre omosessuali repressi. Che il disgusto da essi dichiarato nasconde la paura di essere “contaminati”. Che l'anormalità non esiste in quanto l'omosessualità è presente in tutte le specie animali. Che non si può parlare di scelta ma di condizione innata, né di patologia né di mancanza di principi etici. Gli astanti seguono con attenzione, in una giornata promossa dall'Unione Europea e dedicata alla lotta a tutti i comportamenti discriminanti. Pongono domande ma il relatore non si fa distrarre e snocciola dati, statistiche, i risultati delle ricerche sui gemelli e sulla sindrome del Grande Fratello (la probabilità che il figlio ultimo di una grande nidiata abbia una maggiore propensione alla omosessualità). Poco prima, il sindaco Massimo Zedda ha spronato i suoi concittadini all'accoglienza e ha detto una cosa bella: «La felicità è contagiosa». Ottima premessa per una tavola rotonda, coordinata da Valentina Neri, cui hanno partecipato Luisa Marilotti, Francesca Corona e Brunella Mocci. (al. men.)