Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'esercito dei 32mila studenti,una città che vive nella città

Fonte: L'Unione Sarda
17 maggio 2012

 

 

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Lo chiamano “pianeta università” e certe volte le parole nascondono un significato preciso: pianeta ovvero un altro mondo, un corpo a parte, più o meno lontano dal luogo in cui si vive. L'università e Cagliari: due realtà che convivono ma dialogano poco, ancora alla ricerca di una integrazione. Di certe città di provincia - metti Perugia, Urbino, Parma - quando pronunci il nome ti viene spontaneo associarlo all'università, perché senti che c'è un interesse coinvolgente verso questa energia giovane, non solo per un calcolo di rapidi profitti che muove l'economia locale.
LE CIFRE I numeri - dell'anno accademico in corso, 2011/2012 - raccontano quello che è sotto gli occhi di tutti ma non sembra: Cagliari ospita 31.983 studenti universitari, quanti gli abitanti di Carbonia. Una città dentro una città, con tutti i problemi che nascono da una coabitazione. Un Ateneo che sforna ogni anno 4000 laureati, occupa il ventunesimo posto nella classifica ministeriale della premialità (scalate tre posizioni) ma registra fra gli iscritti un preoccupante 43% di fuori corso, con un abbandono degli studi stimato (l'anno scorso) in un 25,5%. A leggere i dati, comunque, si può vedere anche il bicchiere mezzo pieno perché ci sono aree di eccellenza che hanno ottenuto riconoscimenti nel campo della ricerca, soprattutto scientifica, segno che l'università cagliaritana potrebbe avere buone prospettive per fregiarsi di un marchio di qualità.
CAPITALE UMANO I “se” e i “ma” sono tanti, e investono appunto il rapporto che la città mostra nei confronti del corpo studentesco e viceversa, in più la capacità dell'Ateneo di consegnare al mercato del lavoro, e quindi anche a Cagliari, giovani preparati, un capitale umano di futuri quadri medi e dirigenziali. Discorso delicato, di questi tempi, perché la crisi morde e non molla la presa sparigliando ogni ragionamento sui tempi di attesa per trovare un posto, sulla condizione di precariato, sulla spendibilità della laurea anche oltre l'Isola. La lettura dei numeri dovrebbe offrire motivi di conforto sull'occupazione: l'84% dei laureati del 2007 tre anni dopo s'è accasato, punte altissime oltre il 90% tra Ingegneria e Medicina, più basse a Giurisprudenza (60%) e nell'ordine dell'80% per Lettere, Scienze Politiche e Economia.
LAVORO E RICERCA Attenzione, la ricerca però non specifica quali lavori, dentro c'è ogni tipo di precariato e flessibilità e rapido ritorno alla disoccupazione, insomma non è tutto rose e fiori, ogni laureato conosce la verità sulla propria pelle. Però è anche vero che - sempre interrogando i dati statistici - le borse di dottorato quest'anno sono aumentate e che nell'accesso ai fondi europei e pubblici Cagliari passa dalla 27ma alla 17ma posizione. Di contro le borse di studio non riescono a soddisfare le richieste perché quest'anno su 6.660 domande, ben 5.423 ne avevano diritto ma solo 3.975 sono state assegnate: per cui 1.448 studenti che possedevano i titoli legittimi non hanno avuto nulla; e se il dato nello scorso anno accademico si era dimezzato, quest'anno si è nuovamente raddoppiato.
I FINANZIAMENTI Il discorso insomma investe i fondi: davanti ai pesanti tagli del governo, per fortuna ha messo una bella pezza la Regione, riequilibrando il budget: il fondo di finanziamento statale prevede l'assegnazione di 121 milioni di euro e la Regione lo rinforza di altri 14 milioni. Non basta, così proprio avant'ieri l'Ateneo di Cagliari ha stretto un patto federativo con quello di Sassari per ridurre i costi di gestione e lavorare in tandem sinergico su scuole di specializzazione, dottorati e corsi di laurea.
LA RIFORMA Come saranno spesi i soldi, naturalmente, è un altro discorso. Che bisogna ricondurre alle riforme che si sono succedute negli ultimi anni, tanto che l'università è stata definita un “cantiere permanente”, l'ultima - molto contestata - quella della Gelmini, dal nome del ministro della Pubblica istruzione del governo Berlusconi. A Cagliari ci sono stati significativi accorpamenti, le facoltà sono passate da 11 a 6 (ora sono: Studi umanistici, Scienze economiche giuridiche e politiche, Ingegneria e Architettura, Scienze, Medicina e Chirurgia, Scienze farmaceutiche e biologiche) e i dipartimenti si sono ridotti da 44 a 17. Cosa cambierà? Magari nulla, molto dipende dallo statuto dell'Ateneo, dalla governance, dall'organizzazione strutturale: sulla carta si dovrebbe snellire l'iter burocratico, tra Consiglio di amministrazione e Senato Accademico, ma resta il nodo cruciale che segna la politica, ovvero la gestione del comando che si traduce nella “chiamata dei posti”: quella strategia conservativa che incrementa il potere baronale, dal quale anche Cagliari non è esente.
FUORI SEDE Tutto ricade sulla pelle degli studenti alle prese con molti disagi: oltre le difficoltà di accedere ai contributi al diritto allo studio, c'è il problema degli alloggi (è di questi giorni la guerra, ora anche giuridica, intorno all'ex Semoleria che dovrebbe garantire altri 500 posti letto), gli affitti in nero, il paracadute dell'assistenza sanitaria, la carenza dei trasporti nell'Isola, argomenti che toccano i fuori sede che sono la metà esatta degli iscritti (quasi 16mila), un numero consistente che chiama Cagliari al dovere di accoglienza e responsabilità. In più, un altro motivo di polemica, la scelta dell'Ateneo di far decadere gli studenti fuori corso inattivi.
DOCENTI Anche il corpo docente (alla fine del 2011 erano in attività 1.007) ha le sue magagne per la difficoltà di trovare nuovi posti, i pochi concorsi per gli associati, per non parlare infine delle condizioni dei precari.
RUOLO E PRESTIGIO Per numeri, attività, ruolo sociale, prestigio culturale l'Ateneo di Cagliari è un pianeta che merita attenzione, è un motore importante per lo sviluppo futuro della città. Dopotutto la laurea è ancora un obiettivo che attira i giovani, risponde alla convinzione che sia comunque in grado di garantire migliori prospettive di lavoro e soddisfa una domanda di istruzione: è «un potente strumento per alimentare l'ascensore sociale» ha detto il rettore Giovanni Melis, considerando che il 41% dei laureati proviene da una famiglia i cui genitori non sono in possesso di un diploma di scuola media superiore e il 15 per cento degli iscritti beneficia dell'esonero dalle tasse per le condizioni economiche: significa volontà di crescere culturalmente ma anche spia di una crisi che investe le famiglie.
PRODUTTIVITÀ Negli ultimi anni l'università, e Cagliari non fa eccezione, ha obbedito al concetto di produttività (che significa sfornare laureati a getto continuo, abbassando il rigore e quindi la qualità) in nome delle classifiche che poi ridistribuiscono finanziamenti; e ha peccato di autoreferenzialità, non dialogando col mercato del lavoro ma oggi si cerca di camminare sulla strada della ricerca, a partire dalla gestione di progetti europei e la collaborazione con imprese sarde.
LE SFIDE Cagliari misura la sua maturità anche sulla sfida università: non solo sull'aspetto didattico ma sui progetti di potenziamento (l'ampliamento del Policlinico, i lavori per la conclusione del blocco Q, i problemi con la clinica Macciotta e il San Giovanni di Dio). E soprattutto sulla credibilità da offrire agli studenti, già gravati da frustrazioni e da un futuro nebuloso.
Sergio Naitza