Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'Isola contro la casta

Fonte: L'Unione Sarda
7 maggio 2012

C'è il quorum sui 10 quesiti che vogliono abolire sprechi e privilegi
Al voto oltre 525 mila elettori, il 35,5 per cento degli aventi diritto
Il referendum diesel inizia lento, prosegue a velocità media, prende velocità e quando pochi ci credono e sul web si celebra già la sua sconfitta taglia il traguardo superando di due punti la percentuale richiesta. Per raggiungere il quorum del 33 per cento sarebbero stati sufficienti 493.455 voti. Ne sono arrivati 32.196 in più, 525.651, il 35,50% degli aventi diritto. La consultazione, dunque, è valida e nella tarda serata di oggi, quando sarà terminato lo spoglio delle schede, si saprà se i sì avranno prevalso, come appare scontato, per tutti i quesiti o il risultato sarà più articolato.
PROVINCE BOCCIATE Ma non è azzardato, già da oggi, anticipare che i sardi hanno deciso di abrogare le nuove Province e di tagliare le indennità dei consiglieri regionali. E, attraverso i quesiti consultivi, di dire basta ai consigli di amministrazione degli enti e delle agenzie regionali, di ridurre a cinquanta il numero dei consiglieri regionali. Hanno inoltre chiarito che vogliono scegliere i prossimi candidati alla presidenza della Regione attraverso le elezioni Primarie e che gradiscono che sia un'Assemblea costituente a riscrivere lo statuto speciale.
Se questo è stato un referendum “anti-casta”, come lo hanno definito i promotori, un terzo dei sardi ci ha creduto. Oltre mezzo milione di persone si è mossa al di là dei partiti che, a parte rare eccezioni, non si sono schierati. Un segnale da non sottovalutare, nonostante due terzi dei sardi non siano andati alle urne. Ma questa volta conta la minoranza che ci è andata.
I NUMERI La percentuale più alta di votanti si è registrata nel Medio Campidano, dove il 42,56% degli elettori ha deciso che fosse giusto cancellare l'ente intermedio, la più bassa nella provincia Olbia-Tempio (26,85%) che si è dunque opposta alla sua morte annunciata. Basse percentuali anche in Ogliastra (28,75%) e Carbonia-Iglesias (31,53%) e Oristano che con il 33,05% ha comunque raggiunto il suo quorum. Alta partecipazione, invece, a Sassari (37,24%), a Nuoro, la città del principale avversario dei referendum, Roberto Deriu (presidente della Provincia), dove hanno votato il 34,76% degli aventi diritto e Cagliari, la seconda provincia per numero di voti (186.846, il 38,12%). Tra i Comuni il record spetta a Lodine, 322 elettori e 180 votanti (il 55,90%).
MOVIMENTO REFERENDARIO Logico l'entusiasmo tra il Movimento referendario: «Il quorum perché i referendum fossero validi è stato raggiunto», ha commentato Pierpaolo Vargiu, consigliere regionale dei Riformatori, criticato da molti avversari proprio per la sua «contraddittoria» duplice veste di “casta” e “anti casta”. «I sardi hanno voluto dare un segnale di speranza. Ma le spalle del Movimento sono gracili per poter reggere tutta la responsabilità che ci è stata affidata», aggiunge. «Da domani, se i sì prevarranno come crediamo, avremo bisogno dell'aiuto di tutti i sardi di buona volontà per costruire una Sardegna diversa».
L'UNIONE PROVINCE SARDE Per Deriu si apre invece un baratro: «Ora dimostreremo che le domande che abbiamo posto hanno fondamento. Eccone alcune: poiché nessuna delle Province supersititi è abilitata a operare in territori diversi da quelli di propria competenza, da oggi chi è il datore di lavoro dei dipendenti provinciali? Chi sono i clienti dei fornitori che hanno fatto contratti con quelle Province? Chi è il titolare dei mutui di quegli enti? Io non credo», conclude, «che le banche per avere le rate si rivolgeranno ai 525 mila che hanno votato».
Deriu e gli altri promotori dei tre ricorsi contro i referendum sulle Province - il primo rigettato dal Tar per incompetenza, gli altri due (chiedevano la sospensiva) respinti prima da un tribunale monocratico, poi da uno collegiale - hanno sempre creduto che si raggiungesse il quorum. «Per questo eravamo preoccupati». Deriu, poi, attacca Cappellacci: «Diamo merito ai referendari di aver posto un problema, ma chi doveva dare le risposte che loro chiedono si è trastullato con la pubblicità istituzionale anziché fare dell'istituzione uno strumento di proposte».
Fabio Manca