Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

La Fiera campionaria specchio della recessione

Fonte: La Nuova Sardegna
26 aprile 2012

SCENARI FUTURI

Ma il partito del mattone tifa contro l’esposizione




CAGLIARI C’è un partito trasversale in città che tifa contro la Fiera Campionaria. E’ il partito delle famiglie, legato mani e piedi alla lobby del mattone, da sempre impegnato nella trasformazione del frontemare storico in un luogo senza matrice, rivolto a un turismo immaginario ma in realtà ancorato ai soliti interessi cementizi. Il progetto, ripreso con chiarezza nel piano regolatore del porto, prevede una teoria di attività che parte dall’area della Remosa a Macchiareddu e si allarga fino alla «grande piazza sul mare» sostenuta dalle giunte di centrodestra, per proseguire oltre l’ammiragliato e fondersi con Sant’Elia. In vista di questo waterfront extralusso, tutto sviluppo e impresa, i gruppi di comando della città hanno già acquisito il palazzo dell’Enel e quello dell’ex Cariplo, insieme a decine di case alla Marina e attorno al consiglio regionale. La via Roma ottocentesca, cuore pulsante di una Cagliari perduta nelle immagini color seppia, si trasformerebbe nella quinta del nuovo porto a vocazione turistica. La Fiera è un ostacolo a questo piano, un «tappo» che interrompe la riminizzazione del lungomare, dove gli strateghi della città futura hanno previsto hotel e strutture d’accoglienza. Sono anni che si pensa di trasferire l’esposizione in periferia, il crollo di quest’anno sembra favorire il disegno al punto da alimentare il sospetto che sia stato pilotato. Basta guardare oltre viale Diaz: l’amministrazione Soru immaginava di riqualificare parte del borgo Sant’Elia e di costruirvi il Betile, da molti definito il museo dell’inutilità. Proprio a due passi dall’area destinata al progetto di Zaha Hadid c’è la grande area libera dello stadio, i famosi parcheggi deserti che i costruttori della città osservano con cupidigia. Guarda caso Massimo Cellino, con la penosa farsa costruita attorno all’arena del calcio, chiedeva il diritto di superficie proprio su quei parcheggi. Voleva gestirne la proprietà per 99 anni, magari in collaborazione con imprenditori amici. Un’operazione immobiliare cui la giunta Floris sembrava voler aderire, rimasta nelle intenzioni solo grazie a pareri legali inequivocabili: serviva una gara d’appalto. In mezzo a questo crocevia di interessi, in gran parte ignoti a una città distratta, il porto storico agonizza da decenni: il terminal crociere costruito dove non c’è il fondale per le navi doveva condannarlo a un destino turistico privo di radici. Di tanto in tanto qualcuno rispolvera l’idea di trasferire i traghetti a Macchiareddu, per consegnare le banchine storiche, lo scalo marittimo dei Romani, a ipotetici yacht che farebbero di Cagliari una meta internazionale. Forse tutto questo rimarrà nelle intenzioni. Soprattutto se l’amministrazione comunale guidata da Massimo Zedda terrà fede alla promessa di erigere un argine solido all’avanzata degli interessi privati legati al cemento. I soli a trovare nel corso degli ultimi decenni il sostegno reale e partecipato della politica. (m.l)