Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Chi non può edificarlo nuovo lo ricostruisce in stile inglese

Fonte: L'Unione Sarda
3 aprile 2012

 

STADI D'ITALIA.

Così scompaiono gli impianti polivalenti
 

Non c'è soltanto lo Juventus Stadium. L'ambizioso progetto bianconero, con il quale il comune di Torino ha consentito nel 2006 l'abbattimento dello Stadio Delle Alpi (costruito nel 1990, uno dei 4 più grandi d'Italia con suoi 71mila posti) per la realizzazione di uno più piccolo e più adatto al calcio, è il caso più noto in Italia. Anche perché è l'unico di struttura comunale ceduta a un privato. Ma l'idea di spalti vicini al campo, alla maniera degli inglesi, l'hanno avuta in tanti. Il concetto di stadio polivalente è superato. Oggi l'atletica non porta il grande pubblico e si accontenta di strutture più piccole e più gestibili. Tanto è vero che la costruzione di “cattedrali” come Delle Alpi e San Nicola (Bari) si è rivelata, all'atto pratico, un errore.
 

IMPIANTI SPECIFICI Ma a parte questi due e quelli di Udine (1976) e Padova (1994), tutti gli stadi costruiti in Italia dopo il Sant'Elia (1970) sono specifici per il calcio. Dopo Cagliari, hanno realizzato campi per la Serie A o la B, Ancona, Campobasso, Castel di Sangro, Perugia, Reggio Emilia (il primo stadio interamente privato), Salerno, San Benedetto del Tronto, e naturalmente Trieste. Non grandi impianti, ma, ad esempio, Perugia nel 1975 costruì quello che divenne il “Renato Curi” in poco più di quattro mesi, con strutture prefabbricate. A San Benedetto, il “Riviera delle Palme” ha quattro tribune tutte con posti a sedere coperti. Non solo manufatti costruiti ex novo. Almeno quattro casi confortano il sogno che, fin dagli anni Ottanta, i tifosi rossoblù hanno accarezzato guardando partite in uno stadio dal quale la visuale è tutt'altro che ottimale. L'eliminazione della pista di atletica leggera, che a Cagliari è inutile (c'è uno stadio apposito proprio accanto al Sant'Elia) è divenuta realtà in quattro stadi di Serie A.
A Parma, lo stadio Ennio Tardini (datato 1923) che ospitava 13.500 spettatori, è stato ricostruito del tutto sullo stesso sito, demolendo una tribuna alla volta e ricostruendola a pochi metri dal campo. Tutto per assecondare i successi del Parma promosso in A nel 1990. In progetto, la copertura delle curve e un ampliamento a 30mila posti.
Senza tanti clamori, nella vicina Modena, il vecchio “Andrea Braglia”, in un solo anno (dal 2002 al 2003) è stato rifatto per tre quarti, avvicinando curve e tribuna al campo e dotandole di copertura integrale quando il Modena è salito in A: oggi ospita anche le gare della rivelazione Sassuolo, terzo in B, con spalti per 20.500 spettatori. Lo stesso è accaduto a Cesena: del glorioso stadio “La Fiorita”, oggi dedicato a Dino Manuzzi, sopravvive solo la tribuna principale. Il resto è nuovo di zecca, con tribune coperte su due livelli a ridosso del campo, il primo sintetico nella storia della A.
 

ANCHE AL SUD E se questa sembra una favola riservata a regioni ricche come l'Emilia-Romagna, basta scendere sino alla punta dello Stivale per ricredersi. Reggio Calabria nel 1999 ha demolito quasi interamente il vecchio “Oreste Granillo” (data di nascita 1932), sacrificando la pista di atletica per realizzare un impianto all'inglese. Un progetto essenziale, non paragonabile a ciò che fece Firenze per Italia '90, quando nel monumentale Comunale “Artemio Franchi” progettato da Nervi fu abbassato il livello del campo per prolungare le gradinate sin quasi alla linea laterale.
Carlo Alberto Melis