Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Anziani, nel 2065 maggioranza della popolazione

Fonte: La Nuova Sardegna
8 marzo 2012

Al convegno promosso dallo Spi-Cgil e dalla Provincia i risultati di un questionario tra la popolazione non più giovane






MICHELE CIAMPI
CAGLIARI.La condizione degli anziani ospiti di strutture residenziali in provincia di Cagliari è stata esposta nel primo convegno frutto della collaborazione tra lo SPI provinciale e l’assessorato alle politiche provinciali. «L’indagine è stata condotta con l’utilizzo dei dati ISTAT e delle fonti dirette - ha detto Angelo Corrias, segretario Spi - ed evidenzia come nella provincia di Cagliari, a differenza delle zone del centro Sardegna, siano saltate quelle reti di solidarietà, basate su regole antiche della società contadina che costituivano strutture consolidate e una forma di welfare privato, ma utile». Giuseppe Fara, responsabile dell’Osservatorio delle politiche Sociali della Provincia ha illustrato le cifre dell’incremento della popolazione anziana previste sino al 2065.
«Le persone di 85 anni e più sul totale della popolazione residente in Sardegna, passeranno dalle attuali 40mila a 167mila nel 2065. Nella fascia tra i 19-69 anni avverrà invece un dimezzamento della popolazione. All’aumento della popolazione anziana fa da compensazione la diminuzione di quella giovane. E quel che è peggio, questa subisce un calo più veloce di quella totale, che si aggira intorno alle 240mila persone in meno nel 2065. I centenari passeranno dagli attuali 374 a 8150 sempre nel 2065». I numeri dicono che siamo di fronte ad una epocale trasformazione della nostra società. Si può parlare di una nuova categoria di persone che si affaccia nel dibattito. Gli “anziani giovani”. Quella fascia di persone tra i 65 e 70 anni di età. Che sono comunque vitali e che hanno davanti una prospettiva di vita, costringendoci a ripensare un welfare che rimetta al centro la persona in modo dinamico.
L’indagine realizzata con domande sulla quotidianità ha dato risultati sorprendenti. Il 31% desidera essere sano. Il 13% tornare a casa. E l’8% ha ancora progetti per il futuro.
L’altro aspetto analizzato durante il convegno è stato quello della fragilità connesso alla residenzialità. Perché se è certamente corretto parlare di “anziani giovani”, non bisogna dimenticare che un considerevole numero di persone, in quella che possiamo definire una seconda fase della propria vecchiaia, versa in una condizione di debolezza a causa di una serie di fattori concomitanti. In primis la salute. E poi la solitudine. Un problema non meno insidioso del primo. Motivo per cui l’assessore alle politiche sociali Susanna Orrù, nella sua analisi sulla condizione degli anziani, sottolinea come sarebbe opportuno discutere non di residenza, ma dell’abitare dell’ anziano. Un concetto più umano e vicino alle persone. In strutture nelle quali possa avvenire un incontro tra persone appartenenti a diverse generazioni per stringere quel patto intergenerazionale di cui tanto si parla, ma che è difficile realizzare. Anche una condizione di debolezza e fragilità, come l’età avanzata e la non autosufficienza, può essere vista non come un peso, ma come una grande risorsa. L’indagine ha evidenziato la presenza sul territorio di 75 strutture assistenziali, in 5 delle quali non è stato possibile accedere. E una disomogeneità nelle condizioni e qualità dei servizi offerti che genera una migrazione verso le strutture della provincia di Cagliari. Come sottolinea la Presidente dell’Onlus Obiettivi sanità Sardegna nel suo appassionato intervento, la situazione nel Sarrabus è peggiore di quella di Cagliari riguardo l’assistenza. Non bisogna dimenticare che il futuro degli anziani in strutture è anche un enorme business. Il convegno è stata l’occasione per riaffermare la civiltà dell’essere su quella dell’avere. Perché una società a misura di chi è più debole e fragile diventa una società a misura di tutti e può essere l’inizio del cambiamento di cui tutti abbiamo bisogno.