Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

A rischio l’election day sardo

Fonte: Sardegna Quotidiano
5 marzo 2012

ALLE URNE Fumata nera dai partiti della maggioranza per l’accorpamento con le elezioni comunali fissate il 6 e 7 maggio

numeri 10 sono i quesiti referendari, 5 sono abrogativi e 5 consultivi 4 sono i quesiti che puntano all’abrogazione delle province in Sardegna 33% è il quorum richiesto. Perché i referendum siano validi deve andare alle urne il 33% degli aventi diritto al voto 64 sono i Comuni che rinnoveranno sindaco e consiglio i prossimi 6 e 7 maggio 3 sono i Comuni con più di 15mila abitanti ( Oristano, Alghero, Selargius) chiamati al voto a maggio

REFERENDUM

 

La strada per i referendum si complica e votare per i dieci quesiti nello stesso giorno in cui ci saranno le elezioni comunali a Oristano, Alghero, Selargius e altri 61 centri della Sardegna, non è affatto scontato. Anzi. Il giro di consultazioni con le forze della maggioranza, promosso dal presidente della Giunta, Ugo Cappellacci, per chiamare i sardi alle urne i prossimi 6 e 7 maggio, in concomitanza con le amministrative, ha registrato il favore convinto solo dei Riformatori. Come è noto, la giunta ha approvato la scorsa settimana la proposta di legge per “l’election day sardo”e dato il via libera per l’inserimento in Finanziaria dei fondi necessari per lo svolgimento delle elezioni. Il testo dovrà passare in commissione e poi all’esame del Consiglio e perché possa essere approvato in tempo utile, come ha dichiarato lo stesso Cappellacci, serve «una valutazione condivisa ». Il presidente, lo scorso 20 febbraio, ha emanato il decreto che fissa per il 10 giugno la data dei referendum sardi, e mercoledì scorso, attraverso la convocazione di un apposito vertice di maggioranza (presenti capigruppo e segretari di partito) ha avuto modo di sondare gli umori di Pdl, Udc, Riformatori, Psd’Az, Uds e Mpa. Se si escludono i fantoliani tutti gli altri partiti hanno mostrato scarsa disponibilità all’accorpamento degli appuntamenti elettorali che caratterizzeranno la prossima primavera. Principalmente le ragioni sono due: il rischio di confondere gli elettori che andranno alle urne per eleggere sindaco e consiglio comunale e i tempi più lunghi per lo spoglio. In sintesi il concetto è questo: le comunali vengono prima, sia per data che per importanza. Questa almeno è la sintesi delle motivazioni ufficiali. Sul piano politico pesa soprattutto il fatto che uno dei dieci quesiti referendari riguardi la riduzione a 50 del numero dei consiglieri, dopo che sull’argomento, non senza polemiche e forzature, il Consiglio regionale ha legiferato di recente, tagliando a 60 le poltrone a disposizione nell’Assemblea sarda. C’è poi lo scontro aperto con le Province, ben quattro quesiti riguardano l’abrogazione degli enti intermedi, e dopo il ricorso al Tar per l’annullamento del decreto del presidente della Regione che ha dato il via libera ai quesiti referendari, il “partito delle Province” ha ripreso a tessere la tela. «Riforme sì ma nella legalità e con il convolgimento di tutti» dice il presidente dell’Ups, Roberto Deriu (Pd), sostenuto dalla presidente di Cagliari, Angela Quaquero, e da quello del Medio Campidano, Fulvio Tocco. Tutti esponenti del partito democratico che su otto Province ne guida cinque (oltre a Deriu, Tocco, Quaquero, anche Giudici a Sassari e Cherchi nel Sulcis), il centrodestra si ferma a due: Sancius (Gallura) e De Seneen (Oristano); e l’Ogliastra è a guida centrosinistra ma con presidente il centrista Bruno Pilia (area Udc). Il quadro dà l’idea di come sui dieci quesiti referendari non è ipotizzabile una condivisione larga da parte delle forze politiche che, anche al loro interno, fanno i conti con posizioni tra loro assai distanti. Aggiungere i distinguo nel corso della campagna elettorale per le amministrative chiave di Oristano, Alghero e Selargius, non facilita certo il compito dei candidati e dei partiti che li sostengono. E così, in pochi sono disposti a facilitare il raggiungimento del quorum (33% degli aventi diritto), votando la legge approvata in Giunta che accorpa i referendum alle comunali il 6 e 7 maggio e che dunque porta a due le giornate utili per mettere la croce sui “sì” o i “no” dei dieci quesiti referendari. Oltre al governatore, Ugo Cappellacci, e al coordinatore dei Riformatori, Michele Cossa, l’eventualità è gradita al segretario re- gionale del Pd, Silvio Lai. È stato proprio il numero uno dei democratici sardi, attraverso una nota ufficiale, a chiedere che la data stabilita per i referendum (10 giugno) fosse anticipata a maggio «per avitare un dispendio di denaro». Appello immediatamente accolto e rilanciato nelle ore successive da Cappellacci «un’unica data determinerebbe un risparmio di risorse pubbliche e permetterebbe di votare per i referendum non più in un solo giorno». Così arriva la proposta di legge per “l’election day sardo”ma perché a maggio si voti anche per il referendum serve il sì (al momento tutt ’altro che scontato) del Consiglio regionale.

A.Mo.