Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Legge 162 e disabili, la Regione non è matrigna

Fonte: L'Unione Sarda
1 marzo 2012

Lettera aperta dopo il caso di Arborea

Simona De Francisci *
Troppo spesso sulle pagine dei giornali leggiamo le legittime e civili proteste di alcune famiglie (o di amministratori comunali) ogni volta che la Regione nega o rivede al ribasso i sussidi a persone che soffrono.
Una istituzione, quella che rappresento, considerata solo come “matrigna” e che della legge 162 sarebbe protagonista solo quando si deve “tagliare”. Ma così non è.
Senza entrare nella casistica particolare, e nei drammi di ogni famiglia che quotidianamente investe immani sforzi nel profondere il proprio amore e offrire assistenza a chi è meno fortunato, vorrei però cogliere l'occasione per difendere una legge come la legge 162/1998 che, pur nei suoi difetti che stiamo cercando di correggere, è e rimane un provvedimento all'avanguardia nell'assistenza alle persone con disabilità gravi.
Vorrei difenderla prima di tutto nel suo spirito originario, quello cioè di aiutare primariamente chi è affetto da disabilità. Perché in tutti questi anni, le stratificazioni legislative, le modifiche e la complessità dei criteri, nella stragrande parte giusti e condivisibili, hanno forse fatto smarrire quello che deve essere l'obiettivo principale di questo provvedimento: porre la persona al centro del sostegno, prendersi cura di essa.
Può apparire questo un principio astratto, ma così non è. Troppo spesso, ultimamente, il legislatore ha rincorso statistiche, freddi numeri, parametri vari che però alla lunga hanno, credo, appesantito questo strumento normativo che ancora oggi molte regioni ci invidiano.
Stratificazioni che comunque hanno anche stimolato nuove e meritorie iniziative, come ad esempio la sport-terapia, con la quale l'amministrazione regionale ha aperto una nuova frontiera per dare ai disabili fruitori della legge 162 nuove opportunità. Attraverso lo sport, è stata data un'occasione di crescita di socializzazione e di autonomia personale.
Ecco: nella stesura dei nuovi criteri, che avremo modo di discutere a breve insieme a tutte le parti interessate (ricordo solo le associazioni e i sindacati), vorrei partire proprio da questo principio, quello originario: la persona che soffre va messa al centro. Poi tutto il resto.
Come assessore regionale della Sanità e delle Politiche sociali vorrei però difendere la legge 162 anche nei suoi numeri, che comunque sono importanti. Nel 2011 ha potuto godere di 102 milioni di euro, una cifra questa che con tutta probabilità sarà confermata per questa annualità, se non addirittura rivista al rialzo. Parliamo di un terzo di tutte le risorse finanziarie destinate alle politiche sociali.
Fondi preziosi per aiutare oltre trentamila famiglie distribuite su tutto il territorio regionale. Uno sforzo finanziario notevole, quello dell'amministrazione, e che stride enormemente se pensiamo che nel 2011 rispetto all'anno precedente i fondi nazionali per gli interventi sociali sono diminuiti del 63 per cento, mentre il Fondo per le politiche sociali in un anno è passato da 929 milioni ad appena 273,9 milioni.
Questo è il quadro finanziario con cui dobbiamo fare i conti quotidianamente, questi sono davvero i tagli che la Regione subisce da una parte e contrasta dall'altra prevedendo 102 milioni solo per la legge 162.
Riflettiamo un attimo su questi dati, e forse valuteremo con un occhio diverso quella presunta Regione “matrigna” che con la legge 162 toglie solo e niente offre.
*assessore regionale
della Sanità
e delle Politiche Sociali