Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

Dalla piazza solo fischi «La Sardegna ha fame»

Fonte: Sardegna Quotidiano
21 febbraio 2012

 LA PROTESTA

 

Fischi, tanti, insieme ai tamburi. E poi insulti, ma soprattutto: «Lavoro », la parola scandita e urlata che si è sentita di più. La visita cagliaritana del presidente Napolitano è stata accompagnata dalle contestazioni, mentre la città lo accoglieva quasi indifferente. Qualche applauso Napolitano lo ha incassato all’ingresso del Lirico e all’uscita dell’Hotel Regina Margherita, dopo l’incontro con i genitori di Rosella Urru, la cooperante di Samugheo rapita in Nord Africa. Non si può parlare di bagno di folla. E il popolo dei movimenti ha urlato tutta la sua rabbia. Rabbia per un incontro prima programmato e poi mancato, per quel distacco tra la gente normale e le istituzioni che qui, in un’isola martoriata dalla disoccupazione e dalla fame, inizia a diventare insopportabile. È stato visto come segno inequivocabile della mancanza d’ascolto della politica per i problemi veri delle persone comuni. E la protesta si è infiammata: sono volati gli insulti, quelli più gentili: “Ladro” e “Buffone ”. I fischi partono già dalla prima tappa, l’inaugurazio - ne al porto delle “Pietre Tricolore” di Pinuccio Sciola. Sono pochi. Il motivo è semplice: pastori, artigiani, studenti e disoccupati che si erano radunati di buon mattino nel presidio di piazzale Trento erano stati bloccati da cinque blindati della polizia e agenti in tenuta antisommossa all’angolo tra via Pola e viale Trieste. Sono stati trattenuti per mezz’ora. Un dirigente della Questura ha spiegato: «Il corteo non era autorizzato e quindi li abbiamo fermati». Il discorso vale anche per gli autobus: vengono stoppati e gli agenti salgono manganelli alla mano, chiedono i documenti ai passeggeri, cercano i manifestanti. Stessa musica nel Corso. La gente assiste alla scena sbigottita e chiede se è successo qualcosa di grave. Ma l’enorme apparato di sicurezza messo su non basta: alla fine i rappresentanti arrivano a palazzo Bacaredda. E quando il Capo dello Stato esce urlano tra i fischi: «Abbiamo fame ». Inutile il tentativo di far scomparire gli striscioni di protesta, così come lo stratagemma di allontanare dalla prima fila i giovani con la maglietta “Disoccupati inkazzati”. Andrea Perra di Villamassargia racconta di un treno scomparso: «Siamo arrivati alla stazione e abbiamo visto entrare i carabinieri. Alle otto meno dieci il tabellone dice che il treno era stato soppresso per neve e ghiaccio. Eppure c’è caldo. Strano no?». La seconda tappa del presidente è al Lirico. Quando l’auto blu sbuca intorno all’una dalla rampa del teatro, partono le contestazioni. Andrea Cinus, Movimento Pastori: «Vogliamo un faccia a faccia con il presidente per dirgli che i sardi non sono terroristi: qui c’è solo malessere. E Napolitano doveva ascoltarci: ci hanno tolto la dignità e ora anche la libertà di parola». I fischi partono senza pietà anche verso i sindaci. E ci passano tutti: dal primo cittadino Massimo Zedda fino a quello di Domusnovas Angelo Deidda. Il film sarebbe dovuto essere lo stesso anche all’ingresso di via Roma del palazzo del consiglio regionale. Qui però c’è il colpo di scena: il Capo dello Stato entra dalle porte di via Cavour, ma i fischi e le urla partono lo stesso. Intorno all’una Andrea Impera con una delegazione viene ricevuto dal segretario di Napolitano Giulio Cazzella, Felice Floris (Mps) rifiuta l’invito. «Abbiamo evidenziato il problema di Equitalia », spiega Impera, «e ribadito l’esigenza di una moratoria per ripristinare la legalità in Sardegna. Pare che il consiglio dei ministri che si riunirà venerdì darà una riposta in questa direzione ». Ultimo appello della giornata arriva da Ambrogio Trudu del piazzale di Viale Trento, con il megafono davanti alla prefettura: «Signor presidente la Sardegna che oggi volevano mostrarle era una terra senza problemi. Ma non è la verità».

Francesca Ortalli