Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Fischi e slogan: Napolitano viene fatto uscire dalla porta di servizio

Fonte: La Nuova Sardegna
21 febbraio 2012





Al porto le prime proteste, proseguite sino al pomeriggio

CAGLIARI. Inizialmente, all’interno del porto, non erano tanti: una cinquantina, non di più. Poi il numero dei contestatori è andato aumentando (nel pomeriggio erano almeno il doppio) ed è stato un crescendo di proteste fatte di fischi, urla, slogan a dir poco coloriti e frasi irripetibili al limite del vilipendio. Proteste che hanno finito con il provocare un inatteso, imprevedibile stravolgimento - che forse non ha precedenti - nel cosiddetto cerimoniale, che viene pianificato nelle più piccole sfumature nel corso di una visita ufficiale del presidente della Repubblica.
Già, perché è sicuramente la prima volta che un capo dello Stato viene fatto entrare (alle 16.28) e uscire (alle 16.59) dalla più classica - diciamo così - delle porte di servizio. Quella del palazzo del consiglio regionale, sulla via Cavour, strada-budello del quartiere Marina, posta appunto sul retro dell’ingresso principale della via Roma, dove facevano bella mostra l’immancabile tappeto rosso e finanzieri in alta uniforme.
Cosa che probabilmente lui, Giorgio Napolitano, ieri ha fatto controvoglia, piegandosi sicuramente al volere degli uomini addetti alla sua sicurezza (gli stessi che, coordinati da un colonnello dei carabinieri sardo doc, lo accompagnano in ogni spostamento), i quali hanno voluto così evitargli la terza e certo più rumorosa contestazione della giornata.
Una “mossa strategica” - va detto - che ha sì impedito che il presidente fosse destinatario di un’ulteriore selva di fischi e slogan sconfinanti nella volgarità più bieca. ma che allo stesso tempo ha esposto Napolitano a pesanti e tutto sommato ingiuste considerazioni da parte dei manifestanti, i quali lo hanno accusato di essersi volutamente sottratto «al confronto con il suo popolo».
Che in questo caso era un «popolo» ben definito, essendo infatti formato quasi esclusivamente da coloro che hanno appunto inscenato le tre distinte fasi della contestazione, a tratti resa variopinta dalla presenza di personaggi un po’ coloriti: ad esempio il tizio che bandiera tricolore in spalla e corona turrita in testa voleva virtualmente impersonare la Repubblica; o l’altro che impugnando un vessillo con i 4 Mori, scalzo, seminudo e avvolto in un lenzuolo bianco proponeva a suo dire la passione del Cristo.
E a inscenare la protesta fin dalla prima tappa (l’inaugurazione al porto del monumento “pietra tricolore”, scultura di Pinuccio Sciola) sono stati i militanti di Sardigna Natzione, il movimento indipendentista di Bustianu Cumpostu, seguiti da una parte dei rappresentanti del “Movimento commercianti e artigiani liberi” arrivati dal Sulcis e dai pastori dell’Mps, che hanno indirizzato al capo dello Stato parole pesanti come macigni. In verità più che parole sono volati umilianti epiteti, che per quanto potesse essere sacrosanto il diritto a manifestare e a dissentire sono stati a dir poco sopra le righe, provocando anche un battibecco con uno sparuto gruppo di persone schierate a breve distanza che invece applaudivano e urlavano «viva il nostro presidente».
Ma ieri di applausi, in verità, ce ne sono stati pochini, anche perché la città non ha sicuramente tributato, diciamo pure così, i dovuti onori a tanto ospite. Anzi, il capoluogo di questa bistrattata isola ha vissuto con ostentata indifferenza la presenza del presidente Napolitano: niente, o quasi, gente lungo strada ad applaudirlo, niente scolaresche festanti con le bandierine tricolore (due avventurosi venditori di vessilli sono andati avanti e indietro lungo la via Roma, facendo però scarsissimi affari). Il presidente, da parte sua, ha detto solo poche parole: «So benissimo quale carica di malcontento e protesta ci sia nell’isola, ma occorre rimanere padroni di noi stessi e delle situazioni».
Il crescendo della plateale contestazione, intorno alle 11.30 ha avuto il suo apice quando il capo dello Stato è uscito dal municipio, accolto da una nuova bordata di fischi, urla e parolacce arrivate dalle decine e decine di persone assiepate dall’altro lato della strada, sul marciapiede e sorvegliate a vista da un esercito di uomini in divisa e in borghese. Scene più o meno identiche a quelle che si sono ripetute intorno alle 13.30 davanti al Teatro lirico, verso le 16 davanti al palazzo del consiglio regionale e attorno alle 18 in piazza Palazzo, di fronte alla prefettura.