Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Sotto le strade un labirinto di cavità

Fonte: L'Unione Sarda
16 febbraio 2012

Lo speleologo racconta la città sotterranea: commessi troppi errori nel passato


C'è un'intera città sotto terra, un affascinante labirinto di grotte, cunicoli e gallerie dove si trovano tracce di una storia lunga 2 mila anni. Sopra, visibili da tutti, ci sono le costruzioni di pietra e sotto, le caverne che quella pietra un tempo riempiva; sopra, il rumore assordante del traffico, sotto, il silenzio irreale; sopra, la luce del sole, sotto, il buio impenetrabile. Una città sotterranea, che vale la pena conoscere. Magari capita, qualche volta, di sentirne parlare durante manifestazioni culturali come “Monumenti aperti”, altre volte per fatti di cronaca legati a crolli, voragini o smottamenti. Perché se da una parte ci sono la bellezza, il fascino e la storia millenaria della Cagliari sotterranea, dall'altra non si può ignorare una «situazione di cronica e generalizzata indifferenza», afferma Marcello Polastri, giornalista, speleologo e autore di numerose pubblicazioni in materia. «Per moltissimo tempo le grotte di Cagliari sono state usate come cave, dunque venivano scavate per utilizzare poi la pietra nella costruzione di palazzi e fortificazioni. Il risultato è che scavando si sono create caverne sopra le quali poggiano strade e palazzi», aggiunge Polastri. La Grotta dell'ex Fragoletto, per esempio, 800 metri di caverna sotto il curvone di viale Buoncammino, accanto alla piazza D'Armi, utilizzato nel 1943 come ospedale, è un esempio significativo di questa criticità. «Qui il rischio di crolli è concreto», dice ancora Polastri; «per mettere in sicurezza la zona servirebbero pilastri di cemento armato a sostegno di tutta l'area sovrastante». Ma siccome la coperta è sempre troppo corta, per un problema che si risolve, quello della sicurezza, un altro si pone: quello culturale. Il discorso vale anche per altri spazi sotterranei, per esempio la grotta di San Guglielmo, in via Porcell. «Le grotte, infatti, hanno una valenza storica e antropologica che testimonia del rapporto tra l'uomo e la natura», dice ancora Polastri; «certo, la sicurezza viene prima di tutto, ma se si fosse deciso un intervento strutturale di bonifica in passato, per esempio per evitare le perdite delle reti idriche, oggi potremmo pensare alla sicurezza senza senza entrare in conflitto con il valore storico e culturale di queste testimonianze del passato».
Un discorso a parte merita l'utilizzo pubblico di questi siti. «La loro gestione», conclude Polastri, «è stata affidata dal Comune ad associazioni che garantiscono la manutenzione ma, in molti casi, non l'apertura al pubblico. È un sistema che andrebbe rivisto».
Mauro Madeddu