Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Vita difficile, ma non smetto di sognare»

Fonte: L'Unione Sarda
13 febbraio 2012

Parlano gli invisibili

Sono persone invisibili. Gli si passa davanti velocemente, senza fermarsi. Spesso accelerando il passo per allontanarsene il prima possibile. Storie difficili alle spalle, in alcuni casi simili, e un disagio che li accomuna. Il freddo è pungente per tutti in questi giorni, e si somma a quel freddo interiore che non basta certo un capo pesante ad attenuare.
Adriano è uno di loro. Uno dei ventisette senzatetto ospiti della comunità Giovanni Paolo II gestita dall'associazione L'Aquilone. Una giacca troppo grande per il suo corpo minuto e gli occhi tristi di chi chiede senza aver bisogno di parlare. In fondo è uguale a tanti altri, ha solo una vita che gli è andata diversamente in parte per sua scelta. Forse incomprensibile, certo coraggiosa. Ha tanto da raccontare ma nessuno che lo ascolti, ma per una volta non sarà così. Il più piccolo di dodici figli, un passato da benestante e venti milioni di lire al mese grazie a una famiglia di commercianti di carni. «Mi sono tolto tutte le soddisfazioni», racconta. Poi il gioco d'azzardo l'ha portato per strada. Dodici anni in tutto, due dei quali trascorsi in una vecchia roulotte, gli altri su una poltrona di tela tra via Del Seminario e via Cornalias. Da un anno è ospite dell'associazione di Don Carlo Follesa. Un mazzo di vecchie foto in mano, ricordo di una vita «di cui rifarei il cinquanta per cento di ciò che ho fatto». Non ha smesso di sognare: «In aprile mi daranno la pensione e prenderò una camera nel mio quartiere adottivo, Is Mirrionis».
Con Adriano c'è Sandro Deiana, 54 anni, di Selargius. Un matrimonio andato male e un figlio trentenne, disoccupato. Dopo un anno trascorso dormendo in macchina, si è rivolto all'associazione.
Poi c'è Giuseppe Rossetti, che compirà sessantacinque anni a marzo. Un passato da tassista, abusivo, «poi è arrivata la crisi due anni fa, che mi ha portato qui». Marco, 51 anni, cresciuto a Quartu. «Lavoravo come operaio, nel 2000 ho perso il lavoro». Da tre anni è in comunità. Ha un modo forbito di parlare: «Leggo molto, giro tra le varie biblioteche e mi piace l'economia».
Sara Marci