Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Calamosca, viaggio tra natura e perdizione

Fonte: L'Unione Sarda
24 settembre 2008

Passeggiata nell'ex paradiso in cerca di riscatto. Una cooperativa giovanile gestisce le visite guidate

Le due facce del colle: escursioni di giorno, incontri sessuali di notte

Ai percorsi naturalistici nel colle di Sant'Ignazio, si affiancano a partire dal tramonto i sentieri del sesso.
Si domina mezza Cagliari, dal promontorio calcareo del faro di Calamosca, dove la natura incontra la perdizione. Ma allo stesso tempo ci si può nascondere da tutta la città, percorrendo i sentieri ritagliati nella fitta vegetazione oppure le gallerie scavate sul terreno durante la Seconda guerra mondiale.
Ai percorsi naturalistici, in quello che è chiamato colle di Sant'Ignazio, si affiancano, soprattutto a partire dal tramonto, i sentieri calcati dai frequentatori della zona del faro in cerca di nuovi incontri. C'è il buio più totale dei cunicoli ma c'è anche la luce che disegna il perimetro di un promontorio che è allo stesso tempo un orto botanico, un sito ricco di testimonianze storico-artistiche e luogo strategico: un tempo per la difesa della città, oggi per godere di un panorama che toglie il fiato. E ci sono escursionisti di ogni genere, che salgono sul colle animati dai più svariati interessi. Innocenti e non solo.
ZONA OFF LIMITS PER LE AUTO I fuoristrada e le altre vetture non possono più entrare, da un anno e mezzo a questa parte. L'accesso è stato chiuso con due sbarre metalliche, per limitare i danni creati alla flora e alla fauna di un ex paradiso incontaminato in cerca di riscatto, dove si è imboccata la via del purgatorio ma c'è ancora un bel po' di strada da fare. Massimo Deidda, biologo e guida ambientale, conosce ogni centimetro quadrato del colle e dell'intero capo Sant'Elia. Ci giocava da bambino, arrivava a piedi dalla sua abitazione nel quartiere di Sant'Elia, e oggi ci lavora con una passione da cui è difficile non farsi contagiare. Ha visto di tutto, sulle rocce in calcare, e ha sposato la causa della tutela dell'area con tutto sé stesso. «Quando abbiamo iniziato a operare, la situazione era disastrosa. Sapevamo di dover lavorare sodo, ma non avremmo mai creduto così tanto. Abbiamo raccolto quintali di rifiuti di ogni genere ed è capitato di soffermarci addirittura due giorni sullo stesso cespuglio».
VISITE GUIDATE Deidda fa parte della cooperativa giovanile Sella del diavolo, che organizza visite guidate, promuove progetti di educazione ambientale e controlla, durante le ore del giorno, il territorio, che è di pertinenza militare ma dovrà passare alla Regione.
L'attività della cooperativa ha preso il via grazie a un progetto promosso dal Comune e dal consorzio interuniversitario Cosmese, che ha segnato il primo momento della recente rinascita, anche con la pubblicazione dell'approfondito volume “La Sella del diavolo”, curato da Mauro Ballero e Gerolamo Solina. «Poi siamo stati in grado di promuovere escursioni e, soprattutto quest'anno, abbiamo organizzato numerose visite guidate per le scolaresche. I ragazzi rimangono incantati. C'è davvero tanto da visitare e raccontare. Tutte le domeniche, a partire da ottobre, sono inoltre previste escursioni aperte a tutti. È sufficiente presentarsi direttamente nella piazzola del faro». La seconda destinazione dell'area, quella un po' meno virtuosa, viene meno quando sul colle ci sono i ragazzi. Del resto, sono soprattutto gli orari notturni a richiamare i “visitatori” meno interessati alla bellezza del paesaggio. Sesso tra piante di elicriso, timo, finocchietto e tracce della presenza di conigli selvatici e di pernici.
DAL FARO ALLA TORRE Il percorso principale inizia nell'area del faro, delimitato dai confini militari. A due passi c'è la torre di Calamosca, una della postazioni costiere del periodo spagnolo più imponenti della Sardegna. Si accede passando per un grande cortile, dove si affacciano le abitazioni di alcuni privati. La torre era sicuramente in funzione, nel suo impianto più ridotto rispetto a quello attuale, alla fine del Cinquecento e venne ampliata nel 1638, quando divenne il “Forte reale di Sant'Elia”. È la stessa iscrizione marmorea presente sulla parete esterna insieme allo stemma della Corona di Spagna a rivelarlo. Struttura possente, accoglieva con molta probabilità cannoni di grosso calibro.
IL FORTINO DI SANT'IGNAZIO L'escursione prosegue verso il punto più alto, dove svetta il fortino di Sant'Ignazio. Prima, si incontrano le numerose piazzole della batteria antiaerea, collegate da una rete di gallerie sotterranee. «Alcune sono state chiuse con cancelli per evitare che la gente ci entrasse». Si perdono i riferimenti temporali, al loro interno. «Tutto è rimasto invariato, si possono vedere anche le scritte originarie che indicano il tipo delle munizioni conservate», fa notare Massimo Deidda. A poca distanza ci sono i resti di una struttura più curata rispetto alle altre: «Era la sala dove si riunivano gli ufficiali, ornata da un mosaico pavimentale in stile veneziano».
IL FORTINO PIEMONTESE La camminata si conclude ai piedi del fortino piemontese, che fu costruito a partire dal 1792 e mai terminato, attualmente ridotto a un rudere in balia dell'azione del vento. All'interno presentava grandi ambienti coperte da volte a crociera. Qualche porzione di copertura è ancora ben visibile, così come le scritte e le incisioni decisamente più recenti. Ma queste fanno parte di un'altra storia del promontorio di Sant'Ignazio e testimoniano il doppio volto di forti piemontesi e strutture belliche.
MARIANGELA LAMPIS

24/09/2008