Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La battaglia triste senza vincitori Giulio Zasso

Fonte: L'Unione Sarda
31 gennaio 2012

Sant'Elia, un caso nazionale

Il masochismo tutto sardo delle guerre di vicinato arriva al paradosso supremo: la farsa dello stadio di Cagliari lascia i confini dell'Isola e rimbalza sulle tv e le pagine dei giornali di mezza Italia. È l'ennesimo schiaffone: la città si ritrova sempre più oltraggiata dal Sant'Elia a pezzi e dall'incapacità di politici (il Comune, la Regione) e imprenditori (il Cagliari Calcio) di mettersi attorno a un tavolo e trovare una soluzione percorribile e definitiva.
Non poteva che finire così, con un impianto sempre più cadente e l'incubo delle partite appese alla decisione che la prefettura dovrà prendere di volta in volta, affidandosi all'equilibrismo tra buonsenso e tutela della sicurezza. Non è un azzardo se si dice che in questa incompiuta ci sono in ballo il prestigio e la credibilità di un'Isola intera. Che piaccia o no, il calcio rappresenta una ribalta unica e in una terra di grandi tradizioni - con uno scudetto leggendario che brilla ancora - l'effetto è amplificato. Deve finire l'inutile rimpallo di responsabilità tra amministratori e imprenditori che non fa vedere la luce fuori dal tunnel. C'è solo una scusante parziale: il problema stadi è un'emergenza nazionale per via delle normative troppo vincolanti che rendono difficile il passaggio agli impianti di proprietà. Ma a Cagliari si è superato il limite, con un dibattito iniziato in Comune nel lontanissimo 1997, seguito da una sfilza infinita di buchi nell'acqua. Fino all'apertura dimezzata del già dimezzato stadio coi tubi Innocenti da sagra paesana. Non si può dimenticare, poi, l'effetto sportivo. Per sopravvivere in Serie A, il Cagliari dovrà stringere i denti in trasferta, perché il vantaggio delle partite in casa si sgretola nel deserto delle tribune chiuse. Ma la città e i tifosi si meritano questo?