Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Aree portuali: è armistizio

Fonte: La Nuova Sardegna
19 dicembre 2011

 
Colpo di scena nell’eterna controversia sulle superfici contese tra Demanio marittimo e Cacip

Grendi non attende il tribunale civile e paga il canone



Per il Tar «difficile stabilire la proprietà dei terreni contesi»

CAGLIARI. C’è una svolta davvero imprevista nella controversia infinita sulla titolarità delle aree di Macchiareddu contese tra Demanio marittimo e Cacip: senza attendere la sentenza del tribunale civile la società ‘Grendi dal 1828 spa’ ha trovato l’accordo con l’Autorità portuale e pagherà un canone per la superficie occupata dalle proprie attività in base a una concessione pluridecennale.
Se il patto verrà approvato dal Comitato portuale, che si riunisce oggi alle 10.30, la causa civile aperta dopo che il Tar aveva dichiarato la propria incompetenza a decidere sul ricorso della Grendi sarà immediatamente ritirata e almeno su quel fronte portuale il braccio di ferro potrà dirsi concluso. Con la firma dell’accordo e con la disponibilità a versare un canone i vertici della società di trasporto sembrano riconoscere implicitamente che la Capitaneria e l’Authority hanno ragione: quell’area sarebbe una proprietà del Demanio marittimo. Questo malgrado il tribunale civile non si sia espresso e i vertici del Cacip abbiano sempre sostenuto il contrario: acquistate da privati, le aree erano del consorzio industriale che poi le ha vendute legittimamente a diverse società, tra cui la stessa Grendi.
La scelta dell’impresa di trasporti potrebbe provocare polemiche all’interno del Comitato portuale, che il nuovo presidente dell’Autorità Piergiorgio Massidda ha convocato per oggi: il parlamentino resterà in carica per quattro anni e già oggi sarà chiamato ad affrontare un corposo ordine del giorno che comprende anche la vicenda Grendi. Tema spinosissimo, perchè il problema della titolarità delle aree ha avvelenato nel corso degli ultimi dieci anni i rapporti Authority-Cacip producendo azioni giudiziarie, diffide, dichiarazioni pubbliche al vetriolo e persino una lunga causa per diffamazione. Una querelle che sembrava destinata a concludersi soltanto fra molti anni e comunque nei tempi biblici di una causa civile, dopo che lo scorso 18 ottobre i giudici della prima sezione del Tar avevano dichiarato inammissibile il ricorso della Grendi sulla nuova delimitazione delle aree elaborata dalla Capitaneria di Porto. La decisione del Tar aveva lasciato nell’incertezza la società privata difesa dagli avvocati Riccardo Salvini e Paola Cairoli, perchè sull’area portuale in cui opera la Grendi avrebbe continuato a pendere la spada di Damocle della Capitaneria, per la quale quegli spazi acquistati dal Casic (oggi Cacip) il 5 marzo 2008 sono in realtà demaniali e quindi non potevano essere oggetto di una compravendita. L’area della Grendi, così come altre che sono state cedute a operatori privati, erano state espropriate dal Casic in base a una convenzione stipulata il 7 febbraio 1974 con la Cassa per il Mezzogiorno. In quell’atto si prevedeva l’affidamento alla società Siaca spa della progettazione per il primo lotto del porto industriale, mentre il Casic si sarebbe dovuto occupare dell’esproprio delle aree necessarie per realizzare il progetto. La convenzione stabiliva che i terreni acquisiti fossero intestati al Ministero della Marina Mercantile per le opere di competenza del Demanio marittimo e al Casic le altre aree occupate dalle opere. Negli anni la questione della titolarità si è riproposta più volte e sempre in termini conflittuali. Fino al 22 febbraio scorso, quando il direttore marittimo di Cagliari ha approvato il nuovo verbale di delimitazione. Una nuova «mappa» che ha tagliato fuori la Grendi da una superficie acquistata e pagata, con conseguenze facili da immaginare nel rapporto con Cacip, che avrebbe venduto un’area di proprietà demaniale. Da qui il ricorso al Tar, che però si era chiamato fuori dalla controversia dirottandola sul giudice civile.
Alla base del ricorso Grendi - cui si è affiancato il Cacip con l’avvocato Costantino Murgia - ci sarebbe un difetto di giurisdizione del giudice amministrativo legato pronunce della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato sulla stessa materia. Peraltro i giudici hanno ammesso «l’obiettiva incertezza in ordine alla demanialità del bene» e quindi sulla titolarità del diritto di proprietà. Incertezza che doveva essere il tribunale civile a risolvere. Ora invece il problema sembra superato.

(m.l)