Resistere, resistere, resistere. Se non fosse stato usato anni fa in maniera velleitaria da un magistrato in vena “masaniel - late ”, questo slogan avrebbe benissimo potuto adattarsi allo spirito del Babel Film Festival, che giunge quest’anno alla sua seconda edizione. La resistenza, questo è il concetto chiave, riferita alle minoranze linguistche, alle lingue quasi nascoste nel grande supermarket del mondo globale, semiobliterate, di linque oppresse, di idiomi di frontiera, a rischio scomparsa. Babel è il primo e unico concorso cinematografico internazionale che ha fatto delle produzioni cinematografiche che guardano e raccontano le minoranze linguistiche la sua cifra distintiva. Viste queste premesse, è una seconda edizione tutt’altro che scontata. Lo ha ribadito ieri, durante la conferenza stampa di presentazione, il direttore della Società Umanitaria-Cineteca Sarda, Antonello Zanda che, insieme a Paolo Carboni (di “Areavisua - le”) e Tore Cubeddu (dell’associazione Babel), è l’ideatore della rassegna.
UN’EDIZIONE POTENZIATA Si parte lunedì 28 (chiusura il 3 dicembre) con 28 film in concorso (di cui 7 lungometraggi, 13 documentari, 8 cortometraggi-fiction), in 37 lingue diverse, 24 delle quali minoritarie, 18 i Paesi di provenienza, 27 i film fuori concorso, 6 location (la Biblioteca regionale, la Cineteca Sarda, il Cinema Odissea, il Multisala Cineworld, l’Old Square Irish Pub, il Piccolo Auditorium). Si tratta di resistere all’omologazione, alla prepotenza delle lingue statali, universali, che dominano il contesto cinematografico mondiale. Resistere non come mera opposizione ma per valorizzare, per evitare l’impoverimento, per riscoprire, per far palpitare la ricchezza delle espressioni linguistiche più piccole che pur compongono l’universo dell’espressione umana. La prima edizione del Festival ha confermato quanto si sa già da tempo: il cinema non ha mai valorizzato le parlate locali. Ma da un po’ di tempo le cose stanno cambiando. Si è scoperta l’enorma potenzialità comunicativa dell’immagine in movimento legata alle lingue locali, le lingue parlate quotidianamente in una dimensione comunitaria che àncorano gli individui allo spazio identitario. Il cinema ha questo di magico: che può restituire in immagini il corpo vivo delle lingue: e noi, come da un punto di osservazione privilegiato, possiamo vedere i protagonisti parlare, muoversi, amare ed odiare e che la lingua che parlano riempie di vita e di verità. Nei film proiettati durante il Festival, i personaggi parlano la lingua che conoscono e che li fa sentire parte di una comunità. Una lingua così com’è. Fosse anche il “Kapangpangan” (che fra parentesi è una delle lingue parlate nelle Filippine). Bandito il doppiaggio, che falsa, tradisce, deforma. Il cinema del doppiaggio rischia l’appiattimento, omologa, toglie le asperità, cancella gli errori: rende tutto uniforme.
Il Babel Film Festival quest ’anno offre una ricchezza ancora maggiore: più paesi, più lingue, più film, più premi. In questa edizione sono 28 i film in concorso, 23 le lingue minoritarie 19 i paesi che partecipano alla manifestazione. Quattro i premi che verranno assegnati dalla Giuria Babel, presieduta quest’anno da Edoardo Winspeare (regista, autore, produttore e attore), e composta Maurizio Braucci (scrittore/poeta), Aldo Fittante (critico cinematografico e direttore di Film Tv), Maria Gonzalez Gorosarri (giornalista esperta di lingue minoritarie), Elisabetta Randaccio (critico cinematografico): il Premio “Maestrale ” (da 10 mila euro) per il miglior lungometraggio; il Premio “Maestrale ” (da 3.500 euro) per il miglior documentario; il Premio “Maestrale ” (da 3.500 euro) per il miglior corto; il Premio “Maestrale ”Città di Cagliari (2.000 euro) per il film che meglio racconta le minoranze nelle città. Ci sono poi il Premio Ficc (Federazione italiana circoli del cinema), da 1.500 euro, il Premio “Diritto di parola”, da 1.500 euro, assegnato da una giuria di studenti delle scuole. Il migliore autore sardo verrà premiato invece con il Premio Nuct. Da lunedì dunque, e per sei giorni, spazio al pluralistico e inaudito vociare della piccola babele. Massimiliano Lasio