Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

È morto Antonio Romagnino Addio Professore

Fonte: L'Unione Sarda
14 novembre 2011

Avrebbe compiuto 94 anni il 25 novembre, il mondo della cultura in lutto

Una lunga vita con la sua amata Cagliari nel cuore

«Dalla vita ho avuto più carezze che morsi» , disse con un sorriso riferendosi al titolo del suo ultimo libro. Era pago dei suoi novant'anni ben vissuti Antonio Romagnino, che ieri se n'è andato nella sua Cagliari alla vigilia dei 94 anni. Infaticabile animatore d'iniziative civili e culturali, difensore delle bellezze di Cagliari, scrittore e giornalista, era nato il 25 novembre del 1917, e si vantava spesso di quell'anno così poco frequentato dalle nascite. Per andarsene ha scelto l'estate di San Martino, un giorno mite, per un uomo che aveva fatto della mitezza la sua cifra. «Accarezzo i miei novant'anni», aveva detto quasi sottovoce, ubbidendo gentile al rito dell'intervista. «Questo traguardo l'ho sentito come un bel regalo, una cosa alla quale arrivo con un senso della misura. La vita non va violentata, e può durare soltanto con qualche regola».
Quel giorno la piccola stanza dove ha trascorso molte ore dei suoi ultimi anni, era inondata di luce. Fuori, la bellezza di Monte Urpinu, dentro un trionfo di libri. Ce n'erano dappertutto, nella stanza del caminetto, nel grande salotto dove spiccava un bel ritratto che Dino Fantini fece alla moglie Annamaria, sulla scrivania dello studio, tra un berretto frigio ricordo di un viaggio a Parigi, una testa di Dante donata da amici umbri, e la fascia azzurra del sottotenente Romagnino prigioniero di guerra negli Stati Uniti.
Si schermiva, il professore, nel ricordare le sue molte primavere. Eppure l'aspetto era quello giovane di sempre, quando era facile trovarlo per strada, a curiosare nelle librerie, ad attendere il filobus in piazza Costituzione, a sorridere ai passanti. Gli ultimi anni, l'intellettuale che amava passeggiare per la sua città, preferiva stare a casa. Non se la sentiva più di uscire. E non aveva neanche più tanta voglia di leggere. Di letture forti, importanti, doverose, ne aveva fatto tante nell'età mediana «quella delle lezioni private, quella che ha segnato la fine del mio impegno quotidiano con la scuola. Quando ho cessato di fare letture obbligate, sui sessanta, mi sono dedicato alla libera lettura, quella che ti preme e ti insegue. È stato un lungo periodo di grande serenità». Quanto ai ricordi, «alla mia età tutto si appiattisce, si apparenta. Forse erano importanti un tempo. Adesso, nella mia vita che chiude e si addormenta, è il presente a dominare. Tutto si è alleggerito, rarefatto». Tutto, o quasi. Perché il vecchio professore trovava ancora la voglia di dare lezioni. Non con la spocchia di chi sa di sapere più di te, ma con l'amore per la cultura che lo contraddistingueva. Quella che per decenni ha riversato nelle pagine culturali dell'Unione Sarda. Non scriveva più da tempo, per il suo giornale, il vecchio intellettuale. Ma continuava a parlarne con amore, ripensando alla sua età forte.
Parlò di Cagliari, quel pomeriggio di novembre, di quel quartiere «architettonicamente litigioso» nel quale era nato, Castello, con i palazzi così vicini, e prepotenti, uno di fronte all'altro. Ricordò con amarezza il ritorno a casa, dopo la guerra, il dolore di vedere la città distrutta. Parlò della sua infanzia, del compagno di scuola Gianni Agus, che poi sarebbe diventato attore. Dell'insegnamento al Dettori, il suo amatissimo liceo. «Ho creduto nella scuola. Molti colleghi mi contrastavano per lo spazio che dedicavo ai colloqui. Ricordo che talvolta a causa della durata, interveniva il preside Rachel e mi diceva con quel suo modo brusco: “ Non d'accabais prusu”, non la finite più».
Ricordò con dolore anche la sua militanza politica. «Il mio impegno non è stato premiato. Io sono stato sempre bocciato: quando ero un liberale vicino a Cocco Ortu, e quando mi candidai come indipendente nelle liste del Pci: non venni eletto. Il mio passato liberale sicuramente ha pesato nella scelta degli elettori di sinistra. Eppure gli ideali ai quali io mi richiamavo erano gli stessi». Quelli che lo hanno portato a fondare in Sardegna Italia Nostra, quando di ambiente non si parlava e che lo hanno visto per anni in prima fila agli Amici del Libro, subentrato nella presidenza al fondatore Nicola Valle.
«La salvaguardia della natura e la cultura sono sempre stati i miei punti di riferimento incrollabili». E i suoi motivi di lotta. Oggi come allora, quando con l'amico poeta Aquilino Cannas, segretario di Italia Nostra, rompeva le scatole agli amministratori comunali, costringendoli a fare i conti con l'associazione. «Trenta, quarant'anni fa c'era meno attenzione all'ambiente, la conservazione dava fastidio, non si credeva potesse essere produttiva».
La conservazione (quella dell'ambiente) dà fastidio sempre. Così, sulla soglia degli ottanta il vecchio “Defensor Karalis” fu costretto a impegnarsi in prima persona nei comitati per la salvaguardia di Tuvixeddu, dell'Anfiteatro romano, del Poetto. Sconfitte brucianti, ma nessun rimpianto. «Ne avrei se avessi smesso di impegnarmi».
Poi tornò a uno degli argomenti preferiti, la prigionia a Weingarten, nel Missouri. «Due anni e mezzo mi hanno fatto capire tante cose. Da allora ho aspettato che facessero nel mio Paese qualcosa che somigliasse a quello che avevo conosciuto in America. La parola democrazia mi ha perseguitato per più di sessant'anni. Democrazia è partecipazione, dovremmo ricordarcene più spesso». Sorrise. «A me la vita è piaciuta. Ho avuto fortuna. Sono stato incoraggiato a credere in quello che facevo dalla mia splendida famiglia». Una moglie più giovane e amatissima, due figlie, Carla e Ludovica, con le quali aveva un legame fortissimo, nipoti adulti e nipotini.
Professor Romagnino, che cosa portano gli anni?
«Se fai un'analisi razionale non scopri cose confortanti. Le perdite si accumulano, la vita si fa diversa. E però, fatemelo dire, dentro c'è la gioia di aver toccato questa età. Sì, posso dire che nonostante tutto dalla vita ho avuto più carezze che morsi».
Maria Paola Masala

 

BIOGRAFIA. Il personaggio
Instancabile
studioso
e scrittore
Antonio Romagnino è una di quelle figure mitiche che fanno la storia e la cronaca di ogni città italiana. Il Professore, come tutti lo chiamavano, ha attraversato buona parte del secolo scorso come testimone e come protagonista delle vicende culturali della città. È stato il cantore di Cagliari, attento studioso di ogni aspetto della città: dalla storia all'arte, dall'urbanistica alla botanica (non a caso fu fondatore in Sardegna di Italia Nostra, caro amico del presidente nazionale e grande scrittore ferrarese Giorgio Bassani). Difficile, se non impossibile, sintetizzare la biografia, le opere e le innumerevoli attività nella scuola e nel mondo della cultura di un personaggio che si può definire un intellettuale a tutto tondo. Profondo studioso, instancabile scrittore, appassionato conferenziere, fu un uomo del suo tempo legato ai valori antichi, alle letture classiche e ai grandi ideali di autentico liberale seppure, negli anni, con un avvicinamento alla sinistra (fu candidato dell'ex Pci a una tornata di elezioni regionali, ma senza essere eletto). Di sicuro un sincero democratico e un campione di tante battaglie per la sua città e per le idee in cui credeva. Mai si è sottratto ad esprimere le sue opinioni sui giornali o in pubblico, con coraggio e con coerenza.
Nato nel 1917 nel rione di Castello studiò al liceo Dettori dove nel dopoguerra si ritrovò a insegnare per trent'anni. Laurea in Lettere e poi in Scienze Politiche, nel 1941 partì al fronte e in Libia fu catturato dagli inglesi. Finì in un campo di prigionia negli Stati Uniti: nel libro "Diario americano" (2003) racconta la drammatica esperienza. Dopo la guerra cominciò a dedicarsi all'insegnamento di italiano e latino e all'attività culturale. Lezioni nell'ateneo cittadino, tra i promotori dell'Università della Terza età, la presidenza di Italia Nostra che, grazie a lui, acquistò un ruolo di riferimento nel dibattito per la valorizzazione e la salvaguardia dei beni culturali. E soprattutto trascinatore e presidente degli Amici del libro, l'associazione più longeva della città dove è stato presente sinché ha potuto.
Tra le grandi passioni il giornalismo: pubblicista dal 1972, collaboratore delle principali riviste culturali sarde (dall'Almanacco di Cagliari alla Grotta della Vipera) e dell'Unione Sarda dove ha firmato centinaia di articoli, rubriche e interventi. Tra i tanti riconoscimenti ci teneva molto al Premio Speciale Giuseppe Dessì conferitogli nel 1996. Tra docenza e attività culturali, non gli è mancato il tempo per pubblicare numerosi libri, una ventina, con le più importanti case editrici regionali, spaziando tra narrativa, saggistica e poesia. In ordine sparso la "Guida di Cagliari" (2007, con la figlia Ludovica), "Nuove passeggiate cagliaritane" (2002), Preferisco i rumori del mare" (2005), "I mercati di Cagliari" (2004), "Torri e Mare" (2007), i romanzi "Dessì a Varese" (1999), "Farfalle e altro" (1992), "La mano sul mento" (2001), le raccolte di poesia "Né morsi, nè carezze" (2002), "Epigrammi di Stefano" (2000).
Carlo Figari