Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Una luce tra i palazzoni del Sant'Elia

Fonte: L'Unione Sarda
6 maggio 2008

Viaggio nel complesso Del Favero dove la Regione sta intervenendo dopo anni di incuria
Una luce tra i palazzoni di Sant'Elia
Riparati citofoni e impianti elettrici. «Ora asfaltate le strade»
Da qualche giorno le ruspe e gli operai sono entrati in azione negli spazi dell'Area.
«Ma davvero pensate che vogliamo continuare a vivere in questo modo?». Billo Vistosu, l'ex calciatore diventato quasi l'ambasciatore di Sant'Elia nel mondo, sa che la sua è solo una domanda retorica. Lui è ormai l'interprete del sentimento popolare del quartiere cagliaritano: se fosse possibile vivere in maniera onesta, Sant'Elia smetterebbe di essere l'epicentro della piccola criminalità cittadina. Ma come immaginare un mondo diverso se solo pochi fortunati riescono a trovare un lavoro onesto? Impossibile anche illudersi quando la società dimostra un totale disinteresse nei confronti di quella parte della città.
Eppure basta una piccola luce per intravedere uno spiraglio. Una piccola luce come quella che gli abitanti del quartiere stanno vedendo in questi giorni. Dopo la visita della scorsa settimana da parte del presidente della Regione Renato Soru, sono incominciate le grandi manovre intorno ai palazzoni del quartiere. In un mondo normale, non sarebbe una notizia: quegli edifici che, attraverso Area, appartengono alla Regione, devono essere curati proprio dall'amministrazione. Che, negli ultimi venti anni, è risultata praticamente assente.
Così, sino a qualche giorno fa, quei palazzi sembravano la dependance di una favela. La visita al palazzo Del Favero era quasi una passeggiata nell'incubo. E, sia chiaro, non si diano colpe agli abitanti. Perché praticamente tutti gli appartamenti sono tenuti con cura dagli inquilini. Ma che cosa possono fare gli abitanti se, nelle serrande arrugginite sollevate a metà, hanno trovato alloggio migliaia di piccioni? E non era certo colpa loro se rischiavano la vita anche soltanto bevendo l'acqua dal proprio rubinetto. Già, perché il prezioso elemento, prima di salire negli appartamenti, passava per i contatori riparati solo da una sottile copertura. Uno strato di gesso fatto saltare dai tossici che potevano rubare l'acqua da tubi di gomma accessibili a tutti.
Qualunque palazzo va a pezzi se non viene fatta regolarmente una manutenzione. Sinora, invece, gli interventi hanno avuto l'effetto di un cerotto su una coltellata: quando le fioriere hanno cominciato a cedere, si è provveduto soltanto a “isolare” lo spazio con un mini recinto di legno. E che cosa dire delle infiltrazioni d'acqua negli spazi comuni? Degli ascensori o dei citofoni che, come qualunque mezzo meccanico, finiscono con il guastarsi? Delle luci condominiali che spesso devono essere cambiate a spese degli inquilini?
Il blitz di Soru della scorsa settimana ha avuto l'effetto di cambiare la situazione: finalmente la Regione ha fatto quello che doveva fare già da tempo (e la stessa cosa accadendo, a qualche centinaio di metri, con l'intervento del Comune nelle case del borgo vecchio). Gli operai stanno pian piano ripulendo quella discarica a cielo aperto proprio a ridosso del palazzone. «Ci è stato promesso che qui ci sarà un giardinetto», racconta Billo Vistosu. Le grandi manovre sono in corso. «Nei giorni scorsi otto camion hanno portato via una quantità incredibile di spazzatura». Lui è soddisfatto di quello che sta accadendo. Anche le stradine interne sono state ripulite. «Ma dovrebbero essere anche asfaltate». Sant'Elia ci crede, almeno per una volta non si sente abbandonata a se stessa. Ed è pronta anche ad assumersi le proprie responsabilità. «Qualche giorno fa, ero furibondo, stavo per buttare giù la porta di un appartamento». La ragione? «Proprio il giorno prima, la zona era stata ripulita: nella notte gli abitanti di quella casa hanno gettato una lavatrice proprio là davanti. Anche noi dobbiamo essere pronti a fare la nostra parte». Ma, appunto, da soli non si va da nessuna parte. «Splendido che ci rimettano a posto il quartiere. Ma, nessuno lo dimentichi, il problema più grande resta il lavoro».
MARCELLO COCCO