Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Quei bimbi che lavorano

Fonte: L'Unione Sarda
18 luglio 2011

In città ci sono 1.760 minori stranieri, molti costretti a lavorare

 

«A fine giornata mi fanno male le gambe»  
Vedi tutte le 3 foto «A fine giornata mi fanno male le gambe». Ogni giorno Ganesh (il nome è inventato), ragazzino indiano di 13 anni, batte palmo a palmo il Poetto per vendere bracciali e collane. Come lui sono tanti i minorenni stranieri obbligati a svegliarsi presto per andare in spiaggia a proporre foulard, occhiali da sole e altri oggetti, spesso taroccati, ai bagnanti.
GANESH Ganesh è magro, veste con tuniche celesti o verdi, cappellino in testa e zainetto sulle spalle. «Bracciali e collane», dice a voce alta ai bagnanti assopiti sulle sdraio. Se ha riscontro si ferma, altrimenti sorride e si allontana a passo svelto. Dalla ringhiera del Margine rosso cammina fino al Lido di Cagliari, da dove sale sul bus Qs per tornare a casa, a Quartu. «Anche mio padre è ambulante. D'estate lo aiuto vendendo in spiaggia», afferma in un italiano incerto nonostante viva nell'Isola da sei anni e vada a scuola.
GLI STRANIERI Secondo i dati del Comune (aggiornati al 31/12/2009) gli stranieri residenti a Cagliari sono 11.009, di cui il 16% minori. Molti di loro lavorano, spesso come ambulanti al Poetto o come parcheggiatori abusivi. I servizi che il Comune mette loro a disposizione sono gli stessi di cui usufruiscono i bambini italiani. Particolare attenzione, però, viene posta ai minori stranieri non accompagnati, che arrivano sull'Isola con i famigerati “barconi” o trasferiti dagli Istituti penali minorili della Penisola. Il Servizio sociale del Comune predispone il loro affidamento in comunità e case famiglia, corsi di alfabetizzazione e di formazione e l'inserimento scolastico.
ARRIVATO CON UN BARCONE Servizi che conosce bene Haider Bounani. «Sono arrivato con un barcone nel 2008, quando avevo 16 anni», ricorda questo ragazzone algerino, alto più di un metro e ottanta. Ospitato prima in una casa famiglia per tossicodipendenti (ma non era, né è, drogato), poi in una di ragazzi con problemi penali, oggi lavora in un locale a Cagliari. «Compiuti 18 anni mi volevano espellere», racconta, «ho vissuto un anno facendo “lavoretti” da clandestino». Paradossalmente una denuncia per tentato furto l'ha salvato dall'espulsione. «Non potevano mandarlo via fino al pronunciamento del Tribunale per i minorenni, che l'ha messo in prova per sei mesi», racconta Roberto Cocco che si occupa dell'inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati. Con la sua coop, Aitia, ha aiutato tanti immigrati ad abbandonare la strada e a inserirsi nella società, tra cui Haider. «Ora devo andare», si scusa l'algerino, «tra mezz'ora devo essere nel locale dove lavoro come cameriere».
Mario Gottardi