Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Renzo Laconi, un padre nobile della Repubblica

Fonte: La Nuova Sardegna
16 giugno 2011



«Per la Costituzione. Scritti e discorsi», è uscita un’antologia




SABRINA ZEDDA

CAGLIARI. Il primo a intravederne le straordinarie capacità politiche fu Palmiro Togliatti che nel 1946 lo volle nella Commissione dei 75, incaricata di redigere la Costituzione italiana. Quel giovane, appena trentenne, poteva essere un figlio della Repubblica ma ne fu invece un padre. Oggi, la vita politica di Renzo Laconi, deputato, tra i massimi dirigenti del Pci sardo e fine intellettuale, è ripercorsa in «Per la Costituzione. Scritti e discorsi», volume curato da Maria Luisa Di Felice, edito da Carocci, presentato presentato nei giorni scorsi nella facoltà di Lettere - per iniziativa dell’Istituo Gramsci e Fondazione Banco di Sardegna - è un’antologia di interventi e scritti dedicati alla Costituzione. Testimonianze di un periodo decisivo per la democrazia in Italia (dalla caduta del fascismo ai primi vent’anni della Repubblica) che la Di Felice ha ricostruito con meticolosità frugando nell’archivio del politico sardo che si trovava nella casa romana della famiglia Staiano, che lo ospitò prendendosi cura di lui negli ultimi anni di vita (morì nel 1967) e, ha donato il tesoro alla Fondazione Gramsci. Quel che emerge dalle carte è la figura di un grande della democrazia. Una persona di spessore morale e politico, amante di poesia, letteratura e storia, aperto al confronto. Tratti che troveranno riflesso nella Costituente, in cui Laconi riuscì a dare sfumature personali. D’altronde era così che Togliatti voleva i dirigenti del Pci: colti, determinati e battaglieri, seppure fedeli alle direttive del partito. «Incanta e convince, fa ridere e fa piangere, ed è forse il più grande oratore del suo tempo», dice di lui Eugenio Orrù, direttore dell’Istituto Gramsci della Sardegna. Fu anche per via della sua statura culturale, che, come dice Maria Rosa Cardia, docente di Scienze Politiche, il deputato sardo fornì «un contributo decisivo nella formazione e consolidamento della democrazia in Italia», riuscendo a creare una sorta di trait d’union tra élite colte e classi subalterne. Cercò di comprendere sin nel profondo la questione sarda e quella dell’autonomia, scorgendo con impressionante lungimiranza, la crisi delle istituzioni e del Parlamento individuandone, prosegue Cardia, «una precoce vecchiezza», derivante «non dalla vecchiaia della Costituzione ma dalla sua inapplicazione». Concetti quanto mai attuali nel momento in cui si celebra l’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia.