Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Vivevo meglio in grotta»

Fonte: L'Unione Sarda
15 giugno 2011

IS MIRRIONIS. Sovraffollamento e degrado nelle case popolari del Comune

C'è chi è costretto a fare i turni per mangiare

«Nella grotta dove vivevo c'era meno umidità, stavo meglio». Antonietta Pes ha vissuto fino al 2003 nella Cava Orofino, uno degli anfratti di Tuvixeddu. Con il marito e i due figli oggi abita in una casa di 36,38 metri quadrati, con muri diventati neri per la muffa, in un appartamento comunale al civico 6 di piazza Medaglia Miracolosa. «Da quando vivo qui i miei figli sono sempre ammalati». Un problema annoso quello delle case popolari del Comune, che diviene estremo nei casi in cui famiglie numerose sono costrette a convivere in spazi angusti, ricavando giacigli perfino in cucina.
IL DAVANZALE Nel letto adagiato alla parete nera di fronte ai fornelli dorme la figlia dodicenne di Antonietta Pes e Giuseppe Soro. Al lato una finestra. «Il davanzale si sgretola quando piove», afferma Pes indicando un buco nel muro sotto le imposte. Nella camera da letto le pareti sono annerite dalla muffa e l'intonaco si stacca dalla volta. «Ci dormiamo io, mio marito e mio figlio di 4 anni».
Negli stessi metri quadri, due piani più sotto, vive Tony Frau, con moglie e figlia. A destra, entrando nell'appartamento, il bagno. «Non c'è spazio per mettere un lavandino», specifica il ragazzo mostrando solo piatto doccia e gabinetto. «È talmente piccolo che una persona con sedia a rotelle nemmeno potrebbe entrarci».
IL TURNO PER MANGIARE La regolamentazione dell'edilizia residenziale abitativa in Sardegna è disciplinata dalla regionale 13 del 1989. L'articolo 2 fissa i requisiti minimi in metri quadri, per numero di inquilini: 45 fino a 2 persone; 60 per 3-4 persone; 75 per 5 e 95 per 6 e oltre. È da dieci anni che Davide Sanna, 45 enne cagliaritano che lavora saltuariamente nel mercato ortofrutticolo, chiede che gli venga assegnata una casa secondo i parametri di legge. La sua è di 42 metri quadrati divisi tra due camere da letto, cucina e bagno, dove vive con la moglie e quattro figli. Sette metri quadrati a persona, da cui, però, bisogna sottrarre lo spazio occupato dall'arredo. «Per mangiare facciamo i turni. Il tavolo è piccolo e tutti non ci stiamo», racconta Sanna. La mattina per entrare in bagno c'è la fila. «Devo “lottare” con mio figlio maggiore per chi si rade prima», scherza Sanna. Suo fratello, Alessandro, ha vissuto una situazione simile. «Dormivamo in cinque in una stanza». Dal 1997 al 2006 ha vissuto con moglie e figli in un appartamento fatiscente di 37 metri quadri. Ora sta al civico 11 di piazza Medaglia Miracolosa. La sua abitazione è cresciuta grazie all'accorpamento di due appartamenti. «Ora sto meglio ma il soffitto è fragile. Se do un colpo con la scopa viene giù tutto. Bisognerebbe abbattere e ricostruire. Però pensando di erigere case, non topaie. Siamo uomini non bestie».
Mario Gottardi

 

L'ex assessore
Chessa:
necessario
ricostruire
C'è chi conosce bene la situazione delle case popolari. Sia perché le ha gestite, dal 2006 al 2008 come assessore comunale al Patrimonio, sia perché è molto popolare a Is Mirrionis: è Gianni Chessa, neo consigliere comunale dell'Udc, eletto con 1.312 voti. «Politicamente dalla questione “case popolari” non ne è uscito vincitore nessuno. Ma c'è un unico sconfitto: la cittadinanza».
Articola il suo pensiero Chessa: «In 5 anni la giunta Floris ha speso solo in manutenzione 10 milioni di euro. E per cosa? Le case continuano a essere fatiscenti. Perché è impossibile mantenere ciò che non può essere mantenuto». La soluzione per Chessa è solo una: «Utilizzare gli appartamenti di scambio». Per demolire e ricostruire è necessario alloggiare in appartamenti, detti, appunto, di scambio.
Fornisce dati l'ex assessore: «A Cagliari ci sono oltre 3.000 famiglie che vivono in appartamenti di edilizia pubblica del Comune e altre 7.000 che vivono in quelle dell'Agenzia regionale edilizia abitativa. Un totale di circa 35 mila persone che attendono risposta».
«Le case sono vecchie, vanno abbattute e rifatte. Serve continuità amministrativa», spiega Chessa. Sarà per questo che afferma: «Mi metto a disposizione del sindaco Zedda per fargli conoscere la situazione di questi cittadini». (m. g.)