Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I segni creati dai sogni Un'estate con Miró

Fonte: L'Unione Sarda
13 giugno 2011

Oltre 250 opere di grafica al castello di San Michele e all'Exmà

Cagliari ospita i disegni dell'artista catalano
L'uomo che sussurrava alle linee. E le linee venivano a lui, anche i punti, anche le pause. E poi si coloravano, divenendo sogni. “Ceci est la couleur de mes rêves”, scrisse sotto un tocco di pennello blu sulla tela al naturale, nel 1925. Con questo afflato pittorico, la poesia diviene un'estensione del braccio che disegna (si disegna col braccio, non con la mano, dice chi sa disegnare). Diviene, la parola poetica, sublimazione di linea e colore, abbraccio di sensibilità comuni, tutte di mirabolanti declinazioni surrealiste. «Miró è il pittore dei poeti», scrisse il surrealista britannico Roland Penrose. Joan Miró è anche il pittore di questa estate cagliaritana. Lo annuncia nel titolo, “Miró colora Cagliari. I sogni e le parole”, una "mostra diffusa" che, con la calda accoglienza di un albergo di idee e suggestioni, da ieri al 25 settembre ospita il visitatore dentro tre diversi centri, Castello di San Michele, Exmà.
LA PROPOSTA DI CAMÙ Proposta da Camù (che attinge ad un'importante collezione privata di cui ha preso la gestione), curata dalla storica dell'arte Simona Campus, la presa della città da parte di uno dei più grandi pittori del Novecento, nato a Barcellona nel 1893, avviene con un corpus di oltre 250 opere di grafica, articolate in 9 serie, realizzate per preziosi libri d'artista, per dare forme danzanti alle parole dei suoi amici poeti e intellettuali della Parigi di inizio secolo, facenti parte del circolo di André Breton. Quindi una mostra che non è solo immersione nel segno, ma anche nella poesia, che Miró trascrive nei suoi disegni, con una grafia che si anima di vita propria, e che, oltre a dire, danza.
Come Picasso, presente anch'esso (all'Exmà) con una serie di stampe ad acquatinta del 1966, realizzata per il poema “Sable mouvant” di Pierre Reverdy, Joan Miró ha il gusto del segno, un irriducibile senso per tracciare su carta, o su lastra, qualsiasi emozione, qualsiasi immagine la sua mente contemplasse.
Per i tipi di Aimé Meght, di Tériade, di Louis Broder, e sperimentando tecniche incisorie con la volontà di inventare nuove possibilità, l'artista fissa il suo dialogo subliminale con poeti come Tristan Tzara e Alfred Jarry, Rafael Alberti e Robert Desnos, per citare solo i più famosi tra i gli interlocutori lettari della sua ispirazione grafica.
A Jarry e al suo dramma grottesco “Ubu Roi”, del 1896, sono ispirate le due serie, in bianco e nero e a colori, di incisioni editate nel 1966 da Tériade: vederle assieme (sono al Castello di San Michele) non è facile e dà la misura della fervida fantasia di un artista che proprio nel disegno pare raggiungere la sua apoteosi.
LITOGRAFIE Altra serie importante sono le oltre 70 litografie di “Parler seul”, pubblicate nel 1950 da Aimé Maeght, che dialogano con i versi che Tristan Tzara compose durante gli anni del suo ricovero in un ospedale psichiatrico. Per non fare una spanciata di Miró, rischiando di assimilare tutto in un unico caleidoscopico mondo di linee e colore, il consiglio è quello di vedere e metabolizzare la mostra pezzo per pezzo.
Ciascuna sezione merita di essere osservata con calma, perché di Miró non resti solo qualche immagine da poster da bookshop. Possibilmente è bene leggere la biografia, capire il clima di Parigi, dove il pittore si stabilisce in pianta stabile dal 1921, con studio al 45 di rue Blomet, accanto a quello di André Masson, che gli apre la via a eccentriche conoscenze.
Nel 1924 si pubblica il Manifesto del Surrealismo: segno, sogno, poesia si fondono assieme e questo abbraccio fa tremare il mondo.
Raffaella Venturi