Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Sedotti da Cerri, il gentleman della sei corde jazz

Fonte: L'Unione Sarda
26 agosto 2008

Rassegne
Applaudito concerto al Palazzo Civico di Cagliari

I sentieri battuti sono per lo più quelli che abbracciano alcuni tra i più famosi standard del jazz, "Fine and dandy", "Bluesette", gli ellingtoniani "Don't get around much anymore" e "Take the a train", "My funny Valentine", "Look at the silver living", anche se poi non mancano incursioni nel dorato repertorio sudamericano, "Corcovado", e in quello della canzone di casa nostra con un accenno a "Nel blu dipinto di blu". Con la sua immancabile Gibson, Franco Cerri, senatore della sei corde jazz ancora felicemente in attività, ospite sabato scorso a Cagliari per la rassegna "Concerti a Palazzo Civico" (promossa dalla Scuola civica di musica, diretta da Luigi Puddu e dedicata alla memoria della pianista Alessandra Rais), traccia la rotta di un viaggio seducente, catturando l'autentico spirito del jazz che è stato. Con la complicità di due solidi solisti, Paolo Carrus al pianoforte e Corrado Salis al contrabbasso, il gentleman della chitarra rilegge temi di sfolgorante bellezza che scorrono sui binari di una conversazione fitta ma tranquilla come quelle che una volta dominavano in ambienti cool jazz. Pagine che, ancora una volta, permettono al numeroso pubblico di cogliere e riassaporare le doti migliori di Cerri. Il senso della misura, la levità sonora, l'eleganza nel fraseggio, la finezza delle armonizzazioni, l'utilizzazione di ogni idea per fini esclusivamente espressivi, un grande amore per la melodia unito alla ricerca della bella frase, chiara e coinvolgente solo come i veri maestri sanno fare, continuano ad ammaliare ancora adesso, rappresentando al tempo stesso un'autentica lezione per schiere di giovani chitarristi. «Gli standard fanno parte del dna di ogni jazzista», dichiara il musicista milanese a fine concerto, dopo il pacifico assalto dei fan in fila per un autografo e una foto ricordo. «Tutti conoscono Gershwin, Porter, Ellington, Strayhorn, compresi quelli che nel jazz hanno scelto di seguire strade estreme. Gli standard rappresentano l'abc del jazz. La musica cambia e si evolve con il passare del tempo, e anche io, per certe cose, non la penso più come prima, però è chiaro che ognuno di noi segue un'epoca, è legato a dei ricordi, a una certa maniera di suonare e di intendere la musica. Ho ottantré anni e ancora tanta voglia di fare. Per me il jazz è una medicina senza controindicazioni».
CARLO ARGIOLAS

26/08/2008