Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

È esplosa la primavera di Cagliari

Fonte: La Nuova Sardegna
1 giugno 2011



Sboccia a maggio la rivoluzione dei ragazzi di Zedda contro i vecchi poteri




FELICE TESTA

CAGLIARI. Le rivoluzioni dei ragazzi sbocciano a maggio, quando nell’aria si sente il profumo delle idee nuove. La vittoria dei giovani cagliaritani che hanno portato uno di loro, Massimo Zedda, alla guida del Comune, è una primavera che cambia il piccolo mondo della città immobile.
Cagliari è stata governata per vent’anni, da una destra reazionaria e clericale.
I ventenni e i trentenni cagliaritani, precari, studenti, giovani donne, hanno bussato alla porta del potere in maglietta rossa, al grido di «ora tocca a noi», e sono riusciti a scardinare un sistema di famiglie e di interessi, riconoscibile, e riconosciuto, nella ristretta cerchia de «is de nosus».
Un passo più avanti degli «indignados» spagnoli, le ragazze e i ragazzi di Cagliari, hanno seguito l’esortazione del grande vegliardo Stéphane Hessel, raccogliendo la parola d’ordine: «impegnatevi», e per due mesi hanno lavorato per costruire una città migliore, scegliendo l’impegno politico e l’espressione del voto come armi del cambiamento. In un colpo solo è affondata la Cagliari papalina che sfila il 25 aprile dietro il protettore Sant’Efisio, in ringraziamento perenne della miracolosa burrasca che affondò la flotta francese e salvò la città dalle pericolose idee della rivoluzione d’Oltralpe. È in bilico quella del potere sanitario, scesa in campo in prima persona con il sindaco degli ultimi dieci anni Emilio Floris, che ha governato il municipio con la medesima gradevole fermezza di un dolce al cucchiaio: un’amministrazione dai tempi lenti, nello spirito della vecchia Cagliari disegnata lungo la linea ideale che collega la cattedrale al municipio di via Roma. Nella tradizione del potere cittadino, la Curia ha sempre giocato un ruolo di primo piano nell’orientare la scelta del voto, e lo ha sempre fatto in un’unica direzione, rivolta a destra. Massimo Fantola ha scontato il clima nazionale di stanchezza verso la politica di un regime berlusconiano esausto ma non ha beneficiato neppure della macchina vescovile del consenso. L’arcivescovo di Cagliari monsignor Giuseppe Mani, prossimo al ritiro per raggiunti limiti di età, non ha fatto sentire il suo peso, né ha speso direttamente il suo sostegno per il cattolicissimo Massimo. Si è limitato a dire che avrebbe espresso un parere ai fedeli che glielo avessero chiesto. I risultati delle elezioni fanno pensare che pochi credenti abbiano affollato le stanze del vescovado a chiedere lumi sulla scelta e un altro pilastro della scena politica cittadina è venuto meno di fronte al vento del rinnovamento.
Per vent’anni la politica cagliaritana ha mantenuto i ritmi impalpabili di una borghesia palazzinara, commerciale e burocratica che ha consentito di mantenere inalterato l’esercizio del potere, senza soluzione di continuità. Negli ultimi anni di governo municipale di Paolo De Magistris, il sindaco dei mondiali assicurava al quotidiano cattolico francese «La Croix» di preferire gli zulù agli hooligans inglesi e guadagnò il titolo a tutta pagina: «Cagliari et ses zoulous». Don Paolo, come veniva chiamato dai cagliaritani, era l’espressione di una città poco propensa ad aprirsi, tutta chiusa in un mondo che faticava a riconoscere perfino i confini oltre le mura di Castello. I Mondiali di calcio del ’90 furono una palestra di melina amministrativa, l’occasione perduta di mostrare efficienza e di rispettare i tempi dell’impegno internazionale: le opere in programma vennero concluse a titolo già abbondantemente assegnato a quella che allora si chiamava ancora Germania Ovest.
Dopo il successo di Massimo Zedda, non sta tanto bene neppure la Cagliari del mattone che incombe su colli, necropoli e ha già cambiato lo skyline della città lungo la laguna di Santa Gilla. I progetti immobiliari su Tuvixeddu, il futuro del grande complesso residenziale di Santa Gilla dovranno confrontarsi con l’espressione di uno schieramento politico molto poco incline al cemento. Accerchiato dall’opposizione degli ambientalisti, il progetto del gruppo Coimpresa di Gualtiero Cualbu, sostenuto dalle amministrazioni Delogu e Floris, passerà al vaglio di una giunta comunale che delle idee ambientaliste, del rispetto del paesaggio e della tutela dei beni archeologici farà uno dei punti centrali del suo programma.
Massimo Zedda ha la giacca blu che gli è diventata larga nella campagna elettorale: ha perso peso ed è cresciuto l’entusiasmo: «Per noi ha soffiato il vento di maestrale, hanno volato i fenicotteri, «sa genti arrubia», rossa come le nostre magliette. Abbiamo detto alla città che i giovani senza un futuro sono il vero problema di Cagliari, l’ansia delle famiglie che non possono garantire un lavoro, una casa ai propri ragazzi. La città è piena di intelligenze giovani, di studenti, professionisti, artisti. È per loro che hanno votato gli anziani di questa città, i padri e le madri che vogliono sperare in un domani di nuovo migliore per questa generazione che per prima ha la prospettiva di vivere peggio di chi l’ha preceduta».
Sa un’altra cosa il più giovane sindaco di Cagliari: di avere segnato lo spartiacque tra un regime di promesse non mantenute e la necessità, prima ancora del desiderio, di cambiare per la Cagliari più debole, «quella alla quale è stato promesso per vent’anni un posto di lavoro per un figlio, una figlia o un nipote. Non lo hanno ottenuto e hanno visto arricchirsi sempre di più chi ha mantenuto il consenso con un sistema di clientele che ora ha smesso di funzionare e non è più in grado di garantire neppure la speranza. Ciò che ho sentito ripetere di più dalla gente in campagna elettorale è la frase: siamo stanchi».