Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Una ragazza madre di nome Maria

Fonte: L'Unione Sarda
27 maggio 2011

Ritanna Armeni lo presenta oggi alla MEM di Cagliari

Michela Murgia e il suo “Ave Mary”
Perennemente divise tra Eva e Maria. Costrette tra la colpa e la redenzione, il peccato originale e la sua negazione, il sì della prima al serpente e il sì della seconda all'Angelo. Ma davvero Eva è la madre di tutti i mali? Davvero noi esuli suoi figli possiamo prendercela soltanto con lei se il Paradiso Terrestre ci è sfuggito? E ancora: l'assenso di Maria è l'accettazione di una imposizione, il certificato dell'obbedienza suprema, o non è piuttosto la più trasgressiva delle scelte? La più rivoluzionaria tra le assunzioni di responsabilità?
Se lo chiede Michela Murgia nel suo Ave Mary , edito da Einaudi-Stile Libero e presentato alla Fiera del Libro di Torino. “E la Chiesa inventò la donna” (parafrasi illuminante del “Et Dieu créa la femme” di Vadim) è il sottotitolo che sintetizza una tesi rincorsa lungo 160 pagine, riassunta in poche righe. «Questo non è un libro sulla Madonna. È un libro su di me, su mia madre, sulle mie amiche e le loro figlie, sulla mia panettiera, la mia maestra e la mia postina. Su tutte le donne che conosco o e riconosco. Dentro ci sono le storie di cui siamo figlie e di cui sono figli anche i nostri uomini: quelli che ci vorrebbero belle e silenti, ma soprattutto gli altri. Questo libro è anche per loro, e l'ho scritto con la consapevolezza che da questa storia falsa non esce nessuno se non ci decidiamo a uscirne insieme».
Storia falsa, la chiama. Duro da dire, ma necessario, per una scrittrice credente, fornita di solide basi teologiche e impegno militante, fermamente convinta che il modo in cui la Chiesa ha contribuito a costruire l'immagine femminile abbia creato intorno alla donna una prigione. Offrendole modelli di comportamento intollerabili, relegandola a un ruolo secondario, attribuendole compiti mai decisionali. Facendo di lei, insomma, l'icona dell'obbedienza e della dedizione. A Maria, sbotta la Murgia, non è consentito neppure di morire in termini chiari e netti.
OGGI ALLA MEDIATECA Di questo lavoro che mischia alto e basso, sacro e profano, Scritture e ricordi di vita vissuta, si parlerà questo pomeriggio alle 17.30 a Cagliari, nella Mediateca del Mediterraneo di via Mameli 164, in un incontro organizzato dall'Agenzia letteraria Kalama con Piazza Repubblica libri, in collaborazione con la MEM. Un luogo diverso, nuovo, per una lettura diversa e nuova della Madre di Dio. Con l'autrice, ci sarà la giornalista Ritanna Armeni, che alle declinazioni femminili del mondo ha dedicato un'antologia, Parola di Donna (Ponte delle Grazie). Raccoglie 100 parole di donne, per un universo plurale dove ci sia spazio per tutti e per tutte.
Proprio questo cerca la scrittrice, con quel suo modo accudente (ci risiamo?!) che si nutre di energia positiva, non di accondiscendenza. Uno spazio dal quale venga finalmente cancellato il modello di Eva peccatrice e quello di Maria senza peccato. La prima, che è condanna di tutte noi, causa del “partorirai con dolore”. La seconda, modello irraggiungibile (o malamente raggiunto) di vergine, sposa, madre, e consacrata a Dio. Un modello, ci racconta la scrittrice, che la Chiesa utilizza per legittimare il dominio maschile, segnare i confini entro i quali la donna deve muoversi. Mai padrona del suo corpo, mai fine a se stessa ma sempre “in relazione a”. Pensiamo all'istituzione del matrimonio, dove il legame tra marito e moglie viene paragonato a quello tra Cristo e la Chiesa. Notoriamente sbilanciato a favore del primo (nelle intenzioni, se non nella pratica).
LIBRO DI ESPERIENZA «Questo è un libro di esperienza, non di sentenza», tiene a dire l'autrice sin dalle prime pagine. E in questa affermazione c'è la chiave di lettura del saggio. Scritto non per tranciare giudizi o asserire dogmi (bastano di già quelli che esistono) ma per aprire una discussione, stimolare un dibattito intorno alla vera essenza di quell'adolescente che duemila anni fa ebbe l'ardire di accettare l'inaccettabile. Del resto, il ruolo stesso che il piano di Dio le assegna è un ruolo primario. E se lei è trasgressiva, e non chiede consigli a nessuno, trasgressivo è anche l'arcangelo Gabriele che la contatta. Stavolta il messaggero di Dio si rivolge direttamente a lei non ai genitori, o all'ignaro Giuseppe che solo a cose fatte si assume la responsabilità di proteggerla (e non è poco neppure questo). Non fu così quando annunciarono a Zaccaria che Elisabetta sarebbe diventata madre di Giovanni Battista, o a Abramo che Sara avrebbe partorito Isacco.
SAGGIO DI TEOLOGIA POP Qualcuno ha definito Ave Mary un saggio di teologia pop. E forse la sua forza sta proprio qui. Nel suo rivolgersi a un pubblico ampio, nel continuo scarto tra analisi teologiche ed esempi di vita vissuta, a volte divertenti, altre irriverenti, nel suo mostrarci come una certa Chiesa (quella trionfante di sicuro) sia riuscita a costruire intorno alla donna un immaginario dove sessualità e piacere sono stati sempre subordinati all'obbedienza; dove la sottomissione femminile, la sua capacità di donarsi, sono diventati punto di riferimento; dove la santità è stata spesso legata alla salvaguardia della propria verginità e non ad altri meriti.
Nella sua analisi Michela Murgia non risparmia l'encliclica Mulieris Dignitatem di Karol Wojtyla, che definisce la donna un «essere dotato di una naturale vocazione sponsale», relegandola ancora una volta a un ruolo marginale. Un ruolo, sottolinea, che ha assunto questa visione asfittica dalla metà del XIX secolo, con i nuovi dogmi mariani, su tutti l'Assunzione. Prima, per secoli, l'immaginario collettivo si era nutrito, attraverso l'arte, di madonne più accoglienti che dolenti, più allattanti che contrite. Finché non ha prevalso la Mater Dolorosa che ancora oggi ci governa e ci dà l'esempio. Non è la ragazza madre che sa dire sì (e il suo sì è un no alle convenzioni e al quieto vivere). È una icona, suo malgrado, di quella subalternità femminile che attraverso la religione cattolica ha lasciato sulle donne, credenti o no, il suo stigma, silenzioso e trasversale.
Maria Paola Masala