Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Tra i tunisini rabbia e delusione

Fonte: La Nuova Sardegna
12 aprile 2011

 
In settimana la Questura completerà le procedure di identificazione 
 
 
 
Voglio andare a Bologna, mio fratello mi aspetta Qui non vogliamo stare sappiamo bene che non c’è lavoro 
 
MONICA MAGRO 

CAGLIARI. I tunisini non hanno più voglia di parlare, i loro visi mostrano pian piano i segni di dispiacere. Non si avvicinano più alla rete dove, fino a pochi giorni fa, rimanevano aggrappati per scambiare qualche parola con i sardi. «Oggi sono arrabbiati - commenta un carabiniere in servizio di vigilanza all’ingresso del centro di viale Elmas - non è giornata».
Vogliono cercare opportunità di lavoro dove il mercato è meno fragile rispetto al nostro, ma le loro aspettative si sono quasi infrante con l’annuncio da parte dell’Unione Europea che il permesso di soggiorno “non basta”. Dopo la bella notizia della concessione del permesso di soggiorno temporaneo, inizia a crescere la tensione nel centro di viale Elmas. Tutti ben informati, hanno appreso la notizia che il permesso che avranno da qui a breve, non è riconosciuto dall’Unione europea. La firma del decreto, consente ai migranti di poter avere un permesso di soggiorno temporaneo, tutti gli ospiti attendono l’espletamento delle formalità burocratiche per il rilascio di questo documento. Ogni giorno circa 50 di loro vengono identificati. Ancora pochi giorni e tutti i tunisini arrivati in città da Lampedusa e ospitati nel centro di prima accoglienza allestito nell’ex caserma militare dell’aeronautica di viale Elmas, saranno schedati attraverso le loro impronte digitali negli uffici di via Venturi. Il permesso che viene rilasciato è quello previsto dall’articolo 20 del testo unico dell’immigrazione: loro potranno spostarsi solo nell’area Schengen, ma devono avere tutti un titolo valido di viaggio come un passaporto (che loro non hanno), e un reddito dai 600 euro in su (che non possiedono), per poter entrare in uno dei paesi Schengen, trattenersi e poter lasciare il paese. Fanno parte dell’area Scheneng anche Francia e Germania, le mete più ambite dai tunisini. «Il decreto presenta anche altri problemi - spiega l’avvocato Tiziana Meloni, esperta di immigrati e rifugiati - sono indicati paesi del nord Africa e non si capisce cosa significa, è una dicitura un po’ troppo ampia». Cosa faranno dopo il rilascio del documento che permette a loro di rimanere in Italia sei mesi? Tutti hanno le idee ben chiare. «Io voglio andare a Bologna, là c’è mio fratello che fa il pizzaiolo, io voglio fare il pittore - racconta uno di loro mentre chiacchiera con qualche connazionale all’ingresso di via Monastir. Maglietta scura e un viso segnato dalla disperazione: «vado dove c’è lavoro, ditemi dove posso lavorare e io vado». «Io voglio rimanere in Italia e voglio trovare un impiego - dice un altro con un giubbotto smanicato e maglietta scura». «Io rimango ancora un mese qua, saluto gli amici che ho in Italia, mia figlia, la madre di mia figlia e poi vado in Francia, per forza, fa parte dell’unione europea - lo dice con convinzione Youssef, 29 anni, gelatina ai capelli, maglietta verde e occhiali da sole alla moda». Mentre è in fila e aspetta il suo turno per essere identificato nell’ufficio immigrazione della Polizia di via Venturi, con convinzione spiega: «Siamo in tutto 701, la maggior parte di noi vuole andare all’estero perché ha i parenti, la famiglia, amici, qua in Italia non c’è lavoro, io sono rimasto qua quasi 10 anni, ho lavorato anche al Carrefour, ma il lavoro non c’è per gli italiani, figuriamoci per gli stranieri». Ma come affronteranno le spese del viaggio? Qualcuno ha dei soldi da parte, qualcuno si farà aiutare dalle famiglie e altri confidano nel loro lavoro. La solidarietà da parte degli sardi continua, procede la rete di sostegno attivata da liberi cittadini, volontari della Caritas, Cgil, e da svariate associazioni che hanno cercato di ben accogliere questi giovani. Ogni giorno arrivano nel centro bustoni di roba: vestiario, alimenti e prodotti per l’igiene personale. Dal canto loro hanno risposto: «Grazie Cagliari per l’accoglienza», è la scritta sullo striscione che hanno voluto appendere sulla rete dove avevano formato un passaggio per uscire dal centro. Ora corrono il rischio di rimanere nel limbo. «Per fermarsi in Italia dovrebbero trovare un lavoro che gli consentirebbe di entrare e uscire dal paese - spiega l’avvocato Meloni, - poi però bisogna vedere se potranno ottenere un titolo di viaggio idoneo, la situazione è ancora incandescente in Tunisia. Con un permesso temporaneo possono avere una carta d’identità ma che non è valida per l’espatrio».