La promozione della squadra di calcio spazza anche tanti pregiudizi
ANTONELLO DEIDDA
CAGLIARI. Ok, il progetto è quello giusto. Il Sant’Elia timbra la serie D (manca soltanto l’ufficialità, che dovrebbe arrivare oggi) e nello stesso momento ottiene due risultati. Sportivo, perchè il borgo approda nel calcio che conta. Sociale, perchè consente di parlare bene e di proseguire nel riscatto di un rione che a torto è ancora considerato marginale.
Viva Sant’Elia dunque, perchè l’obiettivo della società guidata dal presidente Franco Cardia è di non perdere il cordone ombelicale che tiene uniti i biancoblù al quartiere. Non a caso qualche giorno fa il presidente ha detto no all’invito del snndaco Floris che gli proponeva di trasferire baracca e burattini a due passi, attraversata la strada, in quel che resta dello stadio dello scudetto e che tra poco chiuderà i battenti al calcio per il trasferimento a Elmas del Cagliari. Il campo resterà sotto i palazzoni Del Favero: «È l’impegno che ho preso quando ho rilevare la società - aggiunge Cardia - Non ce ne andremo e anzi faremo delle migliorie (se il Comune dirà sì) e intensificheremo i rapporti col rione. Punteremo sui giovani e, grazie all’accordo con parrocchia e Pgs, i ragazzini del rione vestiranno i nostri colori».
Il miracolo. Chievo sardo, seconda squadra di Cagliari, squadra-simbolo di quartiere. E ancora il Davide del calcio isolano contro i Golia del pallone, ricordando che quest’anno il Sant’Elia ha sfidato Torres, Olbia, Fertilia, Villacidro, compagini con più soldi e ambizioni. Sono tante le definizioni usate per parlare del Progetto Sant’Elia ma piace di più la frase usata dal presidente della Caritas don Marco Lai (allora parroco del borgo) nel 2009, dopo la salita in Eccellenza: «Il calcio come simbolo di riscatto». Dai pregiudizi alla D, si potrebbe aggiungere.
La scommessa. Scommessa vinta ma in pochi sanno che nel 2005 la società rischiava di scomparire, inghiottita dall’indifferenza e dalla mancanza di progetti. C’era una volta un campo in terra battura in via Schiavazzi e una squadra così così. È in effetti un miracolo se oggi Sant’Elia approda nel primo gradino del palcoscenico del calcio nazionale che conta. Nel 2006 il Cms Sant’Elia vivacchiava in Prima: la generazione dei Tore Mannai era stata sostituita da quella dei Feboli e dei Billo Vistosu, anche se quasi tutti erano stati costretti a giocare altrove.
Poi è partito il progetto: il campo è migliorato, gli spettatori che assistevano alle gare sono passati da 10 a 50, a 100, sino ai 2000 della sfida alla Torres. Questione di feeling con il rione: la nuova linfa ha chiamata in causa prima i Lorenzo Taccori e i Gianfranco Morello, poi i Cao e i Brignone. «È una pazzia, dicevano in tanti - ammette oggi Cardia, che rivendica un passato in un altro rione «difficile» come Is Mirrionis, sponda Saint Tropez - ma le promozioni sono arrivate e l’unione con il rione si è consolidato: oggi sono in tanti quelli che la domenica vengono a vederci da Sant’Elia». L’aver affidato la gestione a collaboratori capaci cone il direttore sportivo Roberto Ibba è servito, la chiamata di Massimiliano Pani come allenatore ha fatto il resto.
Il progetto. Orgoglio e determinazione, ma anche quel pizzico di professionalità che è sempre mancata da queste parti. Con un occhio al rilancio del rione. Nasce un centro sportivo che è una specie di gioiellino, gli investimenti lievitano e dopo l’approdo in Eccellenza arrivano anche i giocatori di livello e uno straniero, l’argentino Bergese. Il presidente cardia è chiaro: «Quest’anno la squadra è costata 250 mila euro, l’anno prossimo 400 mila ma non è tanto in confronto ai costi di squadre con più blasone di noi. Ci salvano la passione, e l’anno prossimo anche degli sponsor di qualità, almeno 3. Ma io non mi accontento: puntereno alla C. Promesso». Competenza e passione e non solo, il cordone ombelicale con il rione deve restare. Oggi sono due i giocatori «made in Sant’Elia», il portiere Fabio Toro e il difensore Andrea Loi, presto in tanti li seguiranno perchè l’altro punto di forza del Progetto Sant’Elia è il settore giovanile: gli juniores sono campioni sardi in carica, gli allievi dominano, i giovanissimi crescono bene. E l’anno prossimo, grazie all’accordo con la Pgs (filiazione della parrocchia di don Curcangiu), arriveranno altri ragazzini del rione. L’ossatura della futura squadra? Chissà. Intanto il presidente continua a dire: «Siamo piccoli ma cresceremo». Si lavora per ampliare il centro sportivo, si pensa di creare poi occasioni di lavoro per il rione. Magari col recupero della spiaggia poco lontana. Mai come stavolta il progetto è quello giusto.