Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Umberto Orsini grande Prospero

Fonte: L'Unione Sarda
11 marzo 2011

L'attore protagonista al Teatro Massimo di Cagliari

“La Tempesta” di Shakespeare: sogno e incanto, potere e perdono


Vedi la foto Il sogno e l'incanto, il tradimento e la resa dei conti, il potere e il perdono. La tempesta di William Shakespeare è un testo ambiguo, un labirinto di domande che il Bardo probabilmente si fece, ancora una volta, nell'arco finale della sua vita. Inizia a luce in sala e con un bell'impatto visivo, al Massimo di Cagliari, l'opera riadattata e diretta da Andrea De Rosa. Ha voluto Umberto Orsini nel ruolo di un Prospero invecchiato e intento a fare i conti con se stesso, dove il bastone simboleggia la sua arte magica ma anche un sostegno al termine di un confino usurante e di un viaggio mentale faticoso. Giganteggia Orsini, sovrasta con finezza di presenza scenica e interpretazione, nel suo monologo finale come nelle pause e nei movimenti sul palco cittadino che calcherà ancora ancora oggi e domani alle ore 21, infine domenica alle 19. Lo accompagnano Flavio Bonacci, Rino Cassano, Francesco Feletti, Carmine Paternoster, Rolando Ravello, Enzo Salomone, Federica Sandrini, Francesco Silvestri e Salvatore Striano.
Un drappo rosso campeggia sullo sfondo algido, in seguito si farà sipario. Ai margini sabbia, un'idea di arida roccia. Al centro della scena, sopra un letto ospedaliero, Miranda si desta spaventata dall'incubo di un naufragio. La rassicura il padre Prospero, duca di Milano spodestato dal fratello Antonio con la complicità di Alonso, re di Napoli. Prospero è diventato padrone dell'isola dopo essere stato abbandonato con la figlia su una scialuppa ed essersi miracolosamente salvato. Qui ha liberato Ariel, spirito dell'aria, intrappolato dalla strega Sicorax e lo ha costretto a diventare fedele servitore. Anche il figlio della strega, Calibano, è stato soggiogato al suo volere. Prospero cova vendetta e grazie ai suoi artifici scatena una tempesta che provoca il naufragio della nave con i nobili napoletani. Tra loro ci sono suo fratello Antonio, il re Alonso e il figlio Ferdinando. Il giovane non sa che tutti i passeggeri si sono salvati e piange in solitudine sino a quando, vagando sull'isola, incontra Miranda e se ne innamora. Su un'altra riva anche Alonso crede nella morte del figlio e Ariel lo lascia sprofondare in una strada di dolore verso la pazzia. Ma nel seme della follia germoglia il pentimento e il perdono. Ai giovani sarà concesso di sposarsi e Prospero salperà per l'Italia dopo aver rinunciato alla magia e restituito la libertà ad Ariel.
La tempesta è un labirinto sospeso nel tempo nella visione del regista, dove follia e sogno si incontrano senza darsi risposte. È una condizione spesso assordante e disturbante, negli effetti di suono di Hubert Westkemper, come lo sciabordio di acque che franano sulla riva. I seicenteschi abiti dei naufraghi si contrappongono a quelli a noi più vicini di Prospero, di Miranda - vestita di candore e spogliata di ricordi - e del disadattato Calibano (un Rolando Ravello in preda ai tic), disturbato, perseguitato dal sesso e in cerca di un Dio. Prospero orchestra la vendetta ma poi rinuncia: l'ha già messa in scena con la magia dell'illusione senza nuocere a nessuno. Riconsegna poi la libertà ad Ariel, così lo spirito perde la sua dimensione area (il regista l'ha voluto imbragato) e poggia i piedi su una materialità di scena. Prospero/Orsini si accascia. Il viaggio mentale e onirico volge al termine. Un'ultima fuga nel metateatrale con la strizzata d'occhio beckettiana. È teatro, signore e signori. L'illusione è dietro il sipario e noi continuiamo ad essere della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni.
MANUELA VACCA